Per la prima volta le squadre africane che partecipano ai Mondiali di calcio sono tutte allenate da coach africani, tutti ex-nazionali: il simbolo di questa africanità degli allenatori è il campione d’Africa Aliou Cissé, che per la seconda volta siede sulla panchina senegalese in occasione di un Mondiale.
Cissé, quando era giocatore, da capitano del Senegal ha guidato i Teranga Lions fino ai quarti di finale già nel 2002, in Corea e Giappone, storica qualificazione ottenuta battendo la Francia. Cissé, in una conferenza stampa quattro anni fa, dichiarò quasi profeticamente: “Rappresento una nuova generazione che vorrebbe avere il suo posto nel calcio africano e mondiale. Abbiamo bisogno di allenatori africani per far andare avanti il nostro calcio”.
Tra le altre squadre africane che nella loro storia hanno raggiunto un quarto di finale mondiale, qualificatesi in Qatar, ci sono anche Ghana e Camerun, rispettivamente allenate da Nana Otto-Addo, 46enne nato in Germania che negli anni Novanta rifiutò di giocare con la nazionale tedesca per schierarsi tra le fila africane dei Black Stars, la nazionale ghanese. Formatosi calcisticamente in Germania, ha occupato vari incarichi tecnici al Borussia Dortmund e allo Shalke04, prima di diventare quest’anno vice del serbo Milovan Rajevic alla guida della nazionale ghanese, di cui è diventato primo allenatore dopo l’esonero di Rajevic per via dell’eliminazione al primo turno di Coppa d’Africa contro il Camerun. Otto-Addo è l’unico allenatore africano alla Coppa del Mondo 2022 che non ha una formazione calcistica africana, in quanto si è formato sia da giocatore che da allenatore in Germania.
Il Camerun è guidato da Rigobert Song, 47 anni e 137 presenze da giocatore con gli Indomitable Lions ai Mondiali e, in patria, un vero eroe nazionale: da giocatore ha giocato otto edizioni di Coppa d’Africa, cinque da capitano, ed ha ancora oggi il record per essere stato giocatore più giovane ad esordire a una competizione mondiale, a 17 anni a USA 1994.
Tra le squadre africane considerate più forti, oltre al campione continentale, c’è il Marocco, che è allenato dal 47enne Walid Regragui, “il Guardiola marocchino”, ex-allenatore dei qatarini del al-Duhail e delle squadre marocchine del Wydad Ac e del Fath Union Sport. Ad agosto, con l’esonero dello jugoslavo Vahid Halilhodzic per disaccordi con il presidente federale marocchino, è stato nominato capo allenatore della nazionale marocchina.
Anche la nazionale tunisina è guidata da un allenatore locale: Jalel Kadri, 50 anni, allenatore dal 2001, ha allenato in Tunisia ma anche in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Libia, prima di essere richiamato in patria a giugno 2021 come assistente del suo predecessore, Mondher Kebaier, a cui è subentrato dopo l’eliminazione della Tunisia dalla Coppa d’Africa 2021.
I giornali e le televisioni africane stanno celebrando le sei squadre del continente: fino al 2014 infatti, solo 10 delle 38 squadre africane ai Mondiali erano guidate da allenatori africani, con le tre squadre che hanno raggiunto i quarti di finale, Camerun nel 1990, Senegal nel 2002 e Ghana nel 2010, che erano gestite da allenatori europei. Tutti e cinque i rappresentanti dell’Africa non riuscirono a qualificarsi alla fase finale in Russia: era la prima volta dal 1982. Come ha detto in un comunicato stampa di ottobre la Confederazione per il calcio africano, la presenza di cinque allenatori africani in Qatar “rappresenta un passo da gigante verso lo sviluppo del calcio africano”.