Coronavirus, il Kenya si affida alla tecnologia

di AFRICA
Amref

Per affrontare il pericolo di diffusione del Coronavirus le autorità di Nairobi fanno affidamento anche sulla tecnologia. La sfida all’epidemia che, per ora, non ha ancora toccato in maniera significativa il continente africano passa attraverso uno strumento che tutti hanno, il telefonino, e attraverso le informazioni da veicolare attraverso una semplice applicazione.

Il Ministero della Sanità di Nairobi, infatti, per affrontare questa sfida ha chiesto il supporto, oltre che delle autorità internazionali competenti (OMS), anche quello di Amref Health Africa, una delle più grandi organizzazioni no profit che si occupa di salute in Africa. L’obiettivo è quello di utilizzare la tecnologia nella divulgazione di informazioni sanitarie utili al pubblico per contrastare la propagazione di malattie infettive come il Coronavirus. La sfida principale, di fronte a questo nuovo virus, è proprio il contenimento. Più sono capillari le informazioni più diventa efficace la prevenzione. E per l’Africa questo è senz’altro un tema importante.

Il programma messo a punto da Amref si chiama “Leap”. Si tratta di una piattaforma mobile Health che verrà utilizzata per diffondere messaggi contenenti le informazioni necessarie riguardanti il Coronavirus, per ridurre la disinformazione all’interno delle comunità locali, per migliorare la sorveglianza, la diagnosi anticipata e le cure e per monitorare la diffusione della malattia, qualora fosse necessario. Agli operatori e ai volontari sanitari delle comunità locali vengono fornite indicazioni e dati sufficienti per poi poter identificare, isolare e riferire casi sospetti, oltre che per mantenere standard di sicurezza adeguati nei porti di ingresso e nelle aree ad alto rischio.

“Leap” è considerata una soluzione efficace di apprendimento mobile per la formazione degli operatori sanitari e dei volontari delle comunità e consente a ogni individuo di apprendere al proprio ritmo, con i propri dispositivi mobili e all’interno delle proprie comunità. “Leap” semplifica l’accesso alla formazione di qualità. Attraverso questo sistema sono stati formati 35mila studenti in oltre 30 contee del Kenya. Complessivamente oltre 64mila studenti si sono iscritti. Uno strumento agile anche per raggiungere persone e volontari sanitari in zone remote e isolate. Persone che altrimenti – viste le distanze – avrebbero difficoltà ad accedere a una formazione adeguata.

“Oggi, come dimostra l’attualità e la nostra storia – spiega Guglielmo Micucci, direttore di Amref – la tecnologia può venirci incontro. Lo abbiamo fatto con gli aeroplani e i ponti radio in Africa a fine anni ’50 per garantire il diritto alla salute. Lo facciamo oggi con la formazione tramite nuove tecnologie. Arrivare a persone formate in ambito sanitario, attraverso un telefonino, con delle semplici informazioni su come aiutare le comunità a difendersi, oggi può essere cruciale”. Una delle prerogative infatti di Amref è, senza sostituirsi alle istituzioni, quella di rafforzare sistemi sanitari deboli come quelli africani, sfruttando tutte le opportunità che la tecnologia offre. Il Kenya, dunque, fa leva sulla tecnologia sperimentata da questa organizzazione umanitaria per diffondere informazioni sul virus.

Secondo l’Onu, il continente africano ospita solo il 3 per cento del personale medico mondiale, nonostante sopporti oltre il 24 per cento del carico globale di malattie. La media italiana è di circa 376 medici ogni 100mila abitanti, in Africa la media è di 4,5 medici ogni 100mila abitanti. E, nonostante la debolezza del sistema, l’accesso all’assistenza sanitaria è limitato dalla capacità di pagamento dell’individuo. In Kenya una percentuale enorme di famiglie povere non può permettersi l’assistenza sanitaria. Circa 4 keniani su 5 non hanno accesso all’assicurazione medica, con l’inevitabile esclusione di una fetta importante della popolazione dai servizi sanitari di qualità. Uno scenario replicabile in tutta l’Africa subsahariana. Insomma se paghi vieni curato. Le malattie infettive, infatti, sono la causa del 40 per cento dei decessi nei Paesi in via di sviluppo, l’1 per cento in quelli industrializzati.

Visto il quadro anche l’utilizzo di un semplice telefonino può diventare determinante per affrontare una possibile epidemia.

(Agi)

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