Si sono svolte in un clima di forte tensione e di bassa affluenza le elezioni presidenziali in Costa d’Avorio. Il presidente uscente Alassane Ouattara è in lizza per un terzo mandato e l’opposizione, che ha invitato al boicottaggio e alla “disubbidienza civile”, ha denunciato una decina di morti.
Le votazioni sono state infatti segnate da incidenti in diverse zone del Paese, in particolare nei feudi dei candidati dell’opposizione (vedi la mappa), nonostante l’appello di Ouattara alla calma: la distruzione di materiale elettorale, lunghi ritardi nell’apertura delle scuole e blocchi e picchetti per impedire l’accesso e il voto in alcuni centri. E adesso il timore è che il Paese dell’Africa occidentale sprofondi in una nuova crisi elettorale o post-elettorale, dopo quella che nel 2010-2011 causò 3 mila morti. Per paura di una crisi più grave, infatti, alcune migliaia di ivoriani hanno lasciato le grandi città per recarsi nei villaggi natali.
Il presidente della Commissione elettorale indipendente (Cei), Coulibaly Kuibiert Ibrahime, ha ammesso che sono stati registrati alcuni episodi isolati, ma ha sottolineato che l’impatto sul processo è stato “minimo”.
“Chiedo a tutti i miei concittadini, con pace e patriottismo, di andare a votare”, ha detto Ouattara, dopo aver votato ad Abidjan. Il presidente ivoriano ha anche assicurato che, fatta eccezione per alcuni incidenti in “luoghi isolati”, la giornata è andata bene e ha chiesto soprattutto ai giovani “di non farsi manipolare”.
La percentuale di partecipazione al voto, tuttavia, sarà determinante per capire quale sia stato l’impatto dell’appello delle opposizioni al boicottaggio. I candidati che hanno sfidato il presidente uscente già parlano di “fallimento” delle elezioni. Dati non ufficiali, alle 12 di ieri, parlavano di un’affluenza del 10%. Numeri, tuttavia, non verificabili da fonti indipendenti. “Non ci preoccupiamo di ciò che accade: gli ivoriani hanno disprezzato (le elezioni), si sono rifiutati di associarsi a questa mascherata elettorale”, ha attaccato Pascal Affi N’Guessan, candidato del Fronte popolare della Costa d’Avorio in un incontro con la stampa tenutosi nel pomeriggio di ieri presso la sua residenza di Abidjan. “Questo ‘colpo di stato elettorale’ è stato un fallimento. Il popolo ivoriano è riuscito a trasformare queste elezioni in un fallimento”.
Guillaume Soro, ex ribelle ed ex primo ministro, Simone Gbagbo, l’ex First Lady e Mamadou Koulibaly, ex presidente dell’Assemblea nazionale, hanno affermato sui social di non riconoscere più Alassane Ouattara come presidente. Secondo diversi suoi membri, l’opposizione, che oggi ha fissato un incontro con la stampa, starebbe preparando la costituzione di un “governo di transizione”.
L’opposizione denuncia la candidatura di Ouattara, eletto nel 2010, rieletto nel 2015 e che lo scorso marzo aveva rinunciato a partecipare al voto, salvo poi cambiare parere ad agosto, dopo la morte improvvisa del suo delfino, il primo ministro Amadou Gon Goulibaly. La legge ivoriana stabilisce un massimo di due mandati, ma il Consiglio costituzionale ha stabilito che la nuova Costituzione del 2016 azzera di fatto i due primi mandati di Ouattara. La decisione ha scatenato l’ira dell’opposizione e lo scorso agosto, sulla scia di questi sviluppi politico-giudiziari, una quindicina di persone sono morte in violenti scontri. La tensione elettorale riporta alla memoria gli spiacevoli echi della crisi che questo Paese dell’Africa occidentale – il più grande produttore di cacao del mondo – ha vissuto dopo le elezioni del 2010. Anche allora la crisi scoppiò quando al potere salì Ouattara, dopo il secondo turno di quelle elezioni.