Almeno trentotto bambini burkinabè destinati a lavorare nelle piantagioni agricole o nelle miniere illegali in Costa d’Avorio, sono stati “salvati” e saranno rimpatriati: lo ha annunciato nei giorni scorsi la ministra ivoriana della Famiglie e dei bambini, Ramata Ly-Bakayoko. «Stiamo organizzando il ritorno di questi bambini salvati dalla polizia, desiderosi di tornare a casa e riunirsi alle loro famiglie», ha aggiunto, promettendo una tolleranza zero nei confronti di questo “traffico disumano” di minori. Il commissario Luc Baka, direttore della lotta alla tratta di bambini, ha spiegato da parte sua che questi minori di età compresa tra i 9 e i 18 anni sono stati intercettati in un autobus diretto ad Aboisso, nel sud della Costa d’Avorio, dovevano lavorare nelle miniere e nelle piantagioni agricole. Quattro trafficanti sono stati consegnati alla giustizia. Secondo Baka, nel 2020, 1.083 minori sono stati intercettati in situazione di lavoro forzato.
Secondo un 17enne che faceva parte del gruppo, i trafficanti avevano promesso una paga di circa 76 euro al mese, ma nulla è stato ricevuto dal ragazzo durante sei mesi.
Secondo l’International Cocoa Initiative (Ici), una fondazione svizzera creata dall’industria del cioccolato per combattere il lavoro dei minori nel settore, circa 1,2 milioni di loro erano impegnati nella coltivazione del cacao nel 2013 e 2014. Nonostante numerose campagne di sensibilizzazione, il fenomeno sembra continuare. Il volto più noto della lotta alla tratta e al lavoro minorile è quello della First Lady, Dominique Ouattara, che presiede il comitato nazionale di monitoraggio del fenomeno, attivo dal 2012. La rete del traffico coinvolge ragazzi non solo dal Burkina Faso, ma anche dal Mali, dal Niger, dalla Nigeria, dal Togo e dal Benin.
La coordinatrice regionale dell’Ici per l’Africa occidentale e centrale aveva messo in guardia, l’anno scorso, contro una possibile recrudescenza del traffico a causa dell’aumento dei prezzi del cacao che genera un aumento del fabbisogno di manodopera. In Africa occidentale, secondo la stessa organizzazione, sono 1,56 milioni i minori che lavorano nelle piantagioni. La pratica regolare di mettere i minori a lavorare nelle piantagioni è spesso uno stile di vita ‘normale’ per i coltivatori di cacao che, per vari motivi, vogliono formare i propri figli nel mestiere e, allo stesso tempo, ridurre il costo del lavoro nella fattoria di famiglia. Si stima che circa un minore su tre che vive nelle aree di produzione di cacao in Costa d’Avorio e Ghana (che rappresentano oltre il 65% della produzione mondiale di cacao) sia coinvolto nel lavoro minorile.
Le grandi multinazionali del cacao e della cioccolata sono state spesso accusate di chiudere gli occhi davanti a queste violazioni dei diritti dell’infanzia, per preservare condizioni di mercato ad esse favorevoli.
(Céline Camoin)