L’ergastolo è stato richiesto contro i quattro imputati processati in questi giorni ad Abidjan per l’attacco jihadista nella località balneare ivoriana di Grand-Bassam, che uccise 19 persone il 13 marzo 2016. Secondo la corrispondenza di Radio France internationale, al 7° giorno di udienza del processo ai presunti autori dell’attentato, il procuratore Richard Adou ha avuto la prima parola per le vittime.
Adou ha citato i nomi di tutte le vittime, ricordando il ruolo svolto da alcuni nel salvare le persone durante l’attacco. La Procura ha poi intrapreso una dettagliata cronistoria dei fatti, ripercorrendo il percorso di ciascun imputato: dall’ideazione dell’attentato, attraverso la preparazione logistica, fino al giorno dell’attentato. Il pm ha chiesto una “condanna esemplare e dissuasiva”, perché è necessario, ha detto, “dissuadere chiunque dal prestarsi a questo genere di atti, per uccidere persone innocenti”.
La Procura ritiene che i quattro imputati presenti fossero “a conoscenza dell’attentato programmato”. Le quattro persone fisicamente presenti al processo sono l’autista, il conduttore e due persone accusate di aver portato le armi e di aver perlustrato l’area. Sono in totale 18 gli imputati noti per questa vicenda, ma il procuratore ne presenta sei come le menti dell’attentato. La Procura ritiene che tutti e quattro fossero “a conoscenza dell’attentato programmato” fomentato da Kounta Dallah, presentato come il “conduttore” dell’attentato di Bassam.
Gli avvocati della difesa, dal canto loro, hanno moltiplicato le domande sul ruolo di ogni reparto delle forze di sicurezza intervenuto quel giorno: “Quale reparto era il più vicino? Perché l’unità della gendarmeria di Grand Bassam non è intervenuta? Qual era lo stato dell’intelligence nel 2016?” “Questo non è il processo alla polizia, ma ai terroristi”, ha ricordato il presidente del tribunale.
Sono circa le 12:30 di domenica 13 marzo nella cittadina affacciata sulle lagune del Golfo, patrimonio dell’Unesco dal 2012 in virtù della sua architettura coloniale, dove ivoriani e stranieri si godono una giornata di riposo tra spiagge e resort. Un commando di uomini armati di kalashnikov sbarca sulla spiaggia, adottando così il metodo degli assalitori di Sousse, in Tunisia, il 26 giugno del 2015, ricordavano analisti dell’Ispi a ridosso dell’attacco. Iniziano gli spari, a bruciapelo, inframmezzati dagli “Allahu akbar” (“Dio è il più grande”, in arabo) fatti declamare dagli attentatori ad alcune vittime selezionate.
A qualcuno viene risparmiata la vita, come racconteranno in seguito i graziati; ad altri no. I testimoni parlano di 2-4 attentatori armati fino ai denti, indisturbati sulla spiaggia dell’Etoile du Sud e poi di altri due hotel limitrofi per almeno due ore. Il ministero dell’Interno, invece, sostiene che già alle 13:15 le forze speciali erano operative sul lungomare. Nello scontro con gli agenti, tre jihadisti sono rimasti uccisi: Abu Adam al-Ansari, Hamza al-Fulani e Abd ar-Rahman al-Fulani. Anche tre soldati: Moussa Abassi Ouattara, Ahmed Diomandé e Gervais Kouadio N’Guessan, perderanno la vita durante questo assalto. Alassane Ouattara decreta tre giorni di lutto nazionale. In un comunicato stampa, Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) rivendica l’attacco e plaude all’azione dei suoi uomini.
Tra le 19 vittime uccise figurano quattro francesi, una macedone, una tedesca, alcuni cittadini del Burkina Faso, un libanese e tre membri delle forze dell’ordine. Due mesi prima, un attacco terroristico aveva ucciso 30 persone a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso.