a cura di Nexus Emilia Romagna ETS
Il settore dell’edilizia, tra quelli a più alto rischio per chi vi lavora, è in vasta espansione in tutta l’Africa, e soprattutto in Etiopia, dove il mercato delle costruzioni cresce a un tasso medio annuo di oltre l’8%. Sono quasi 1,7 milioni gli operai coinvolti. La CGIL, con il suo istituto di cooperazione Nexus Emilia Romagna ETS e il sindacato etiope CETU, promuove la creazione di un sistema di salute e sicurezza sul lavoro: per prevenire gli infortuni e garantire tutele e diritti fondamentali
Con una popolazione di 130 milioni di abitanti che aumenta ogni anno del 3%, un tasso di urbanizzazione che cresce del 6%, e un PIL in aumento anche quest’anno del 7-8%, l’Etiopia si conferma una potenza regionale dinamica e ambiziosa. Lo dimostrano gli innumerevoli cantieri che punteggiano il suo territorio, a cominciare dalla capitale Addis Abeba.
Il settore edilizio ha ripreso a correre dopo gli anni bui della pandemia di Covid e della guerra nel Tigray (2020–2022). Il governo del primo ministro Abiy Ahmed Ali è riuscito a mobilitare massicci investimenti stranieri, in particolare cinesi, per finanziare opere infrastrutturali considerate strategiche.
Cantieri cinesi e italiani
Pechino punta sull’Etiopia per sviluppare i suoi commerci nel Corno d’Africa. Nell’ambito dell’iniziativa “Belt and Road”, la Cina ha finanziato per 475 milioni di dollari la costruzione della nuova linea ferroviaria che collega Addis Abeba al porto di Gibuti. Negli ultimi anni i cinesi hanno anche costruito in Etiopia dighe, strade e fabbriche, oltre a edificare la nuova sede dell’Unione Africana, la cui costruzione è stimata in circa 200 milioni di dollari.
Ma il valore geopolitico strategico dell’Etiopia si percepisce non solo in Cina. Le conclusioni del Consiglio Europeo del 24 aprile dello scorso anno mostrano chiaramente la volontà del continente europeo di rilanciare l’Etiopia come partner strategico nel Corno d’Africa, dando ampio spazio al Paese nel pacchetto di investimenti previsti dal cosiddetto Global Gateway. Anche l’attuale governo italiano non vuole rimanere indietro rispetto alle opportunità rappresentate dall’Etiopia, sia per il mercato edilizio, sia per il valore geopolitico del Paese. E infatti, oltre al coinvolgimento italiano nella costruzione della Gerd – centrale idroelettrica tra le più grandi d’Africa – realizzata da WeBuild, l’ex Salini-Impregilo, nel febbraio dell’anno scorso, durante il bilaterale tra Meloni e Abiy Ahmed è stato siglato un primo accordo di cooperazione su tre anni e con uno stanziamento iniziale di 140 milioni di fondi per lo sviluppo. Ora la promessa del governo è di trovare ulteriori risorse per la ricostruzione dell’Etiopia.
Ma a quale prezzo?
Il settore edile rappresenta una delle industrie più pericolose per chi vi lavora. A livello globale, l’industria delle costruzioni, che impiega la più grande forza lavoro, è responsabile di circa l’11% di tutti gli infortuni sul lavoro e del 20% dei decessi da incidenti sul lavoro. Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil), ogni anno nei cantieri di tutto il mondo si verificano almeno 60.000 incidenti mortali, ovvero uno ogni dieci minuti. La maggior parte di essi è dovuta a comportamenti e condizioni di lavoro precarie e insicure.
“Cetu” è la principale confederazione sindacale in Etiopia, rappresenta quasi 1 milione di lavoratori in 9 federazioni. Tra le difficoltà che il sindacato si ritrova ad affrontare, vi sono la mancanza di informazioni reperibili e affidabili sul settore, sul numero esatto di imprese, sulle dimensioni, sui dati relativi all’occupazione e su altri aspetti del rapporto di lavoro, tra cui lo stato della sicurezza sul lavoro.
Basti pensare che nel 2021 erano registrati soltanto 537 ispettori del lavoro – uno ogni 10.000 dipendenti, che rappresentano solo il 14% dell’occupazione totale. La copertura degli ispettori sull’occupazione totale è stimata a un ispettore ogni 69.000 lavoratori, valore, secondo l’Oil, del tutto insufficiente.
Raccolta dati e formazione
È a partire da queste sfide comuni che nasce l’esigenza della Cgil insieme a Nexus ER di accompagnare il sindacato etiope nel rafforzamento del sistema di salute e sicurezza a livello nazionale, obiettivo prioritario anche della Cgil in Italia, dato il persistente aumento delle morti sul lavoro anche nel nostro Paese. Si tratta di un progetto pilota che rafforza i rapporti consolidati del sindacato edile della Cgil-Fillea all’interno del sindacato mondiale dell’edilizia Bwi, che raggruppa i sindacati di settore di tutto il mondo.
Il progetto ha l’obiettivo di raggiungere un maggior numero di lavoratori e istituzioni con programmi di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro e promuovere, attraverso il dialogo tripartito, le riforme necessarie a tutelare i diritti dei lavoratori edili che siano assunte dal governo e dai datori di lavoro. Tra le principali attività, Nexus ER e Cetu realizzeranno un’indagine per la raccolta di dati e buone pratiche in materia di salute e sicurezza in Etiopia al fine di colmare il vuoto di informazioni circa l’ampiezza del fenomeno nel settore. Si realizzeranno inoltre corsi di formazione per lavoratori e lavoratrici leader sindacali sulla valutazione dei rischi e sulla gestione e implementazione della salute e sicurezza in azienda.
Uno dei risultati concreti sarà la creazione di comitati aziendali per l’applicazione dei protocolli per la salute e la sicurezza in circa 150 unità sindacali di base e imprese. Inoltre, si prevede di raggiungere circa 450 datori di lavoro, dirigenti aziendali, dirigenti sindacali di piccole, medie e grandi imprese di costruzione che partecipano all’indagine.
Il sindacato ritiene che di lavoro si debba vivere e non morire – in Italia come nel resto del mondo. La cooperazione internazionale sindacale in materia di salute e sicurezza vuole appunto far fronte comune su un tema universale: i diritti e la salute delle persone devono essere slegati dalla logica del profitto e dell’opportunismo economico e geopolitico.
(contenuto redazionale di Coopera in Africa)