L’Eritrea si distingue, ancora una volta, come un Paese dove le regole vengono applicate attraverso le repressione e l’arruolamento forzato di giovani, ma con eccezioni che riguardano l’entourage al potere. E, nonostante ciò, sulla base dei dati elaborati da ricercatori dell’Università di Oxford, il governo dell’Eritrea è quello che a livello globale ha messo in atto i provvedimenti più severi nella risposta alla pandemia di coronavirus. Secondo il Government response stringency index (Grsi), misure quali le restrizioni ai movimenti, la chiusura delle scuole o ancora il divieto di uscire dal Paese – disposte lo scorso primo aprile – non sono state allentate, aggravando la situazione delle persone più povere. La rigida gestione dell’emergenza sanitaria, osservano i ricercatori, ha tuttavia visto plateali eccezioni alle regole: il presidente Isaias Afewerki ha effettuato tre viaggi internazionali (in Etiopia, Sudan, Egitto) accompagnato da numerosi funzionari, oltre ad aver ricevuto a luglio il primo ministro etiope Abiy Ahmed ed in settembre il presidente del consiglio sovrano del Sudan, il generale Abdel Fattah al Burhan. I ricercatori sottolineano inoltre le denunce di arruolamento forzato di giovani nel contestato campo di Sawa, che le autorità di Asmara insistono nel definire campo di formazione.
Covid-19 | Eritrea, la linea dura (e incoerente) di Afewerki
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