C’è paura. Timore che si diffonda il virus e che possa colpire duramente la popolazione. L’Africa aspetta con apprensione il Covid-19, una malattia arrivata dall’Asia e dall’Europa e che potrebbe mettere a durissima prova i sistemi sanitari del continente. Per questo bisogna intervenire subito per evitare che il contagio si espanda. Ad affermarlo è Giovanni Putoto, responsabile Programmazione di Cuamm – Medici con l’Africa, associazione da sempre in prima linea per sostenere le strutture sanitarie africane.
«I sistemi sanitari africani – osserva Giovanni Putoto – non sono paragonabili a quelli occidentali né tanto meno a quello italiano, che è universale e gratuito. In Africa, nonostante in molti Paesi le Costituzioni garantiscano il libero accesso alle cure, mancano però medici, infermieri, strutture e farmaci. In molte nazioni i pazienti in cura negli ospedali devono addirittura acquistarsi farmaci, garze, siringhe, ecc., all’esterno».
D’altra parte, nell’Africa subsahariana la spesa sanitaria media pro capite è inferiore ai 100 dollari l’anno. Una cifra irrisoria se pensiamo che in Italia la spesa media pro capite pubblica si aggira sui 2.500 dollari l’anno. Scarsi investimenti, frutto di una pianificazione inesistente, di sistemi politici fragili, instabilità, guerre, mancanza di strutture, scuole e università.
«Gli stanziamenti per gli africani sono una briciola di fronte alle grandi necessità che questi Paesi devono affrontare – commenta Putoto –. Per questo se l’epidemia di Covid-19 dovesse espandersi all’Africa potrebbe causare notevoli problemi. È quindi necessario agire ora che in tutto il continente i casi sono 417 e solo 216 nella fascia subsahariana».
I sistemi sanitari africani, pur con i loro problemi e le loro difficoltà, si stanno però muovendo. Numerosi ministeri della Sanità sono al lavoro per allestire piani sanitari. E Cuamm li sta assistendo in modo che si possano creare sistemi di reazione efficaci ed efficienti.
Secondo il dottor Putoto, in Africa ci sono due livelli diversi di rischio. Il primo è quello che corrono i Paesi come Etiopia, Nigeria e Sudafrica, nei quali c’è un grande afflusso di persone che arrivano da continenti e nazioni diverse. «Sono Paesi con grandi scali aeroportuali – spiega – che vengono utilizzati da europei, americani e asiatici per arrivare in Africa e dagli africani per spostarsi all’interno del continente. Va poi tenuto anche conto che sono Paesi con molti cittadini. Tutto ciò li espone al rischio della diffusione del contagio».
Il secondo livello di rischio è quello relativo ai Paesi fragili perché interessati da guerre e tensioni interne. «Penso a Sud Sudan, Rd Congo, Repubblica Centrafricana, Somalia e, in parte, Eritrea – osserva –. In queste nazioni i sistemi sanitari sono quasi inesistenti e se dovesse arrivare il coronavirus avrebbe effetti disastrosi».
Come stanno reagendo gli africani al diffondersi del Covid-19? «Gli africani stanno reagendo esattamente come noi europei – conclude Putoto –. Sono disorientati e impauriti dal virus. Ancor di più perché si diffonde per via aerea e quindi è visto come più subdolo di altre patologie. Ciò crea un clima di sospetto tra le persone. Credo, però, che a breve questo stato d’animo si tramuterà in una presa di coscienza che comportamenti responsabili e atteggiamenti corretti possono non solo evitare il contagio da persona a persona ma, nel tempo, fermare l’epidemia».
(Enrico Casale)