Crisi climatica e migrazioni forzate, cresce l’eco-ansia

di claudia

a cura di GRT – Gruppo per le Relazioni Transculturali

Prendete la Somalia. Prima, una siccità come mai da quarant’anni; poi, inondazioni di cui non si aveva memoria da generazioni. E milioni di sfollati. Non è difficile capire come tutto questo possa impattare sulla salute mentale. Un seminario organizzato da GRT farà luce sui nuovi disturbi della psiche provocati dalle crisi ambientali.

Negli ultimi anni le scienze psicosociali e le neuroscienze sembrano sottolineare l’importanza per la specie umana di alcuni concetti da tempo ben conosciuti e ritenuti fondamentali dalle culture africane e dal senso comune delle popolazioni di quel continente. Pensiamo ad esempio al concetto di biofilia, cioè il fatto che nella specie umana esiste una tendenza innata a relazionarsi in modo attento e armonico con il mondo naturale e con tutte le forme di vita, e a rispettarle, amarle e prendersene cura. Da ciò è derivata la stessa nostra capacità di sopravvivenza e di evoluzione.

Foto di TONY KARUMBA / AFP

La cosa interessante è che questo meccanismo psicologico è unito all’empatia, cioè̀ alla capacità di unirsi emotivamente alle diverse forme di vita e di partecipare alla loro condizione. Il contatto con l’ambiente naturale tende poi a favorire lo sviluppo di legami affettivi con esso, producendo uno stato di benessere psicofisico. Qui nasce l’attenzione a un secondo concetto: i Sapiens hanno una mente che funziona in quanto legata alle relazioni con gli altri, intersoggettiva. Noi esistiamo perché siamo stati capaci di comprendere gli stati cognitivi ed emotivi altrui, e quindi poi di cooperare (nella caccia, nella raccolta, nell’accudimento dei figli, nel lavoro e, ahimè, anche nella guerra).Anche in questo caso le culture africane sembrano essere maestre: la vita di comunità nei villaggi e nelle città, il rispetto degli anziani e degli antenati, i rituali di iniziazione e quelli catartici di rafforzamento del senso di comunità, anche di fronte alle avversità, ne sono un esempio.

In un contesto ambientale arido e ai nostri occhi particolarmente ostile, come quello del nord della Somalia, la relazione tra uomo e ambiente naturale ha sviluppato forme di adattamento tipiche. La migrazione legata alla pastorizia e alla ricerca di fonti d’acqua è necessità legata alla sopravvivenza e forma di resilienza di fronte a un ambiente estremo e, intorno ad essa, si costruiscono narrazioni e rituali. La migrazione diventa uno dei pilastri dell’identità tradizionale somala, prima di diventare una forma di sopravvivenza forzata. Dagli anni Novanta avviene però un’escalation: lo scoppio della guerra civile e l’intensificarsi di conflitti a diversa intensità, unitamente al continuo succedersi di catastrofi naturali, fanno collassare le infrastrutture e costringono la popolazione alla fuga.

Quello che impressiona è l’amplificarsi, in termini di intensità, di questi fenomeni. La siccità del 2020-23, considerata la più grave in quarant’anni, portò il Paese sull’orlo della carestia, con 12 milioni di persone a soffrire la fame, e fu seguita dalle inondazioni più estese da generazioni, nell’arco temporale di appena pochi mesi. Solo nel 2023 si sono registrati quasi 3 milioni di nuovi sfollati, di cui il 75% a causa degli shock climatici.

Foto di Daniel Hayduk / AFP

Queste considerazioni sono molto importanti per chi si occupa di salute mentale e di sofferenza psichica nelle culture: salute e benessere mentale sono collegati alla possibilità di avere un rapporto positivo con la natura e il territorio, e di poter vivere e respirare il senso della comunità; sofferenza o addirittura patologia psichica derivano dalla mancanza di questi legami. La condizione di sfollato è per sua natura una recisione di questi legami forti e la fuga dal luogo e dalle persone con le quali si è costruita comunità vanno a ledere aspetti fondamentali dell’identità che si è costruita e del senso di appartenenza e sicurezza. Oltre alle perdite (di casa, lavoro, familiari), nei campi sfollati aumenta l’esposizione alla violenza, soprattutto di genere, cosi come lo sfruttamento di bambini rimasti orfani o separati dalle famiglie. Oggi, in aggiunta alla destabilizzazione degli eventi, c’è sempre di più la consapevolezza che questi possano avvenire in futuro, che possano riguardare chiunque. L’aumento dell’intensità degli shock ambientali e il diminuire dell’arco temporale tra una catastrofe e l’altra rendono questa prospettiva ancor più destabilizzante.

Tutto questo si collega a un fenomeno che vediamo in tutte le culture, specie in quella occidentale e nei giovani, la cosiddetta eco-ansia, cioè una sofferenza, un disturbo da stress associato all’attuale situazione del pianeta, al suo deterioramento ambientale e alla difficoltà dei governi e delle istituzioni d prendere decisioni efficaci in senso pro-ambientale.

Per approfondire questi temi emergenti, dal 15 al 17 novembre si terrà un seminario, organizzato da GRT (Gruppo per le Relazioni Transculturali), dal titolo: “Cambiamento Climatico e Salute mentale”. Per informazioni: scuola@grtitalia.org

(contenuto redazionale di Coopera in Africa)

Foto di apertura © Tendance Floue/LUZ

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