Crisi Rdc, il presidente Tshisekedi rischia davvero la poltrona?

di claudia

A cura della redazione

Un’analisi della crescente crisi nella Repubblica Democratica del Congo, dove l’armata M23, sostenuta dal Ruanda, avanza rapidamente, occupando città cruciali come Goma e Bukavu.

Chi sostiene ancora il presidente congolese Felix Tshisekedi? Se lo chiede il giornalista Christophe Rigaud su Afrikarabia, constatando che dall’inizio dell’anno, nulla sembra in grado di fermare l’avanzata fulminea dei ribelli M23, sostenuti dal vicino Ruanda.

“Ciò che sorprende è la rapidità e la relativa facilità con cui l’M23 h costretto l’esercito congolese e i suoi gruppi armati ausiliari wazalendo a ritirarsi. La presa della città di Goma, alla fine, non ha provocato uno slancio nell’esercito regolare, nonostante le promesse di risposta vigorosa del presidente Felix Tshisekedi. Dopo la caduta di Bukavu, abbiamo il diritto di chiederci chi sostiene ancora il presidente della Rdc? Il suo esercito è in disordine. Le rivalità regionali tra i fratelli africani li condannano all’inazione e la comunità internazionale, con l’Onu e l’Unione Europea in prima linea, esita ancora a sanzionare il Ruanda”, scrive il giornalista.

Sul piano militare, Tshisekedi contava sul suo vicino burundese per impedire ai ribelli di prendere Bukavu. Ma l’esercito burundese si è ritirato contemporaneamente alle Forze armate congolesi, che hanno abbandonato la città senza realmente combattere. Eppure, il presidente del Burundi sembrava intenzionato a fermare l’avanzata dell’M23 verso il suo confine, temendo che il promotore ruandese della ribellione cercasse di destabilizzare il suo stesso regime. Evariste Ndayishimiye ha confidato sui social network di aver ricevuto rassicurazioni dal suo vicino sul fatto che il Ruanda non avrebbe attaccato il Burundi. Le truppe burundesi si sono quindi ritirate e Tshisekedi ha perso un potente alleato militare nel Sud Kivu. Ed è difficile vedere chi potrebbe bloccare militarmente la M23 nella sua discesa verso Uvira e Kalemie, scrive il responsabile del sito d’informazione Afrikarabia.

Dal Nord-Kivu la situazione è critica anche per la capitale Kinshasa. I ribelli non hanno mai nascosto il loro desiderio di proseguire il viaggio verso Bunia e Kisangani. E anche lì, Felix Tshisekedi si trova in difficoltà con il suo alleato ugandese, il cui ruolo nel ritorno dell’M23 alla fine del 2021 è altamente ambiguo. Mentre le truppe ugandesi stanno già operando a Iutri contro il gruppo armato Adf, “il figlio del presidente ugandese, che è anche il capo dell’esercito, si è rivolto ai social media per mostrare apertamente il suo sostegno all’M23 che aveva appena conquistato Bukavu. Un comunicato stampa che dovrebbe preoccupare Kinshasa circa le reali intenzioni dell’Uganda se la M23 dovesse dirigersi verso l’Ituri”, sottolinea Rigaud.

Corneille Nangaa
Corneille Nangaa

Queste preoccupanti sconfitte militari sollevano interrogativi sulla capacità del regime di resistere, sapendo che Corneille Nangaa, coordinatore del ramo politico della ribellione, mostra ancora la sua intenzione di prendere Kinshasa e di sconfiggere Tshisekedi il cui potere considera illegittimo.

Sul piano diplomatico i progressi sono in stallo. Il cessate il fuoco dichiarato al Vertice congiunto dell’Africa orientale (Eac) e dell’Africa meridionale (Sadc) non è mai stato rispettato e la fusione tra i processi di pace di Luanda e Nairobi non ha ancora visto la luce.

Un’ultima iniziativa, guidata dalle Chiese cattolica (Cenco) e protestante (Ecc), propone un “Patto sociale per la pace e la convivenza”. Questo dialogo consentirebbe di coinvolgere l’M23, ma anche tutte le forze politiche e della società civile, per trovare una via d’uscita dalla crisi. “Questo approccio è salutare e dimostra che non c’è solo una crisi di sicurezza nell’Est, ma che esiste anche un problema di politica interna e di legittimità del potere. Questo possibile dialogo potrebbe ‘salvare il soldato Tshisekedi’ internamente, ma l’iniziativa è ampiamente respinta all’interno della maggioranza presidenziale, che accusa i vescovi di voler sostituire le istituzioni regionali e nazionali”, sottolinea l’autore.

Dopo gli incontri a Con il presidente Tshisekedi, Martin Fayulu, poi a Goma con Corneille Nangaa e con Paul Kagame a Kigali, i prelati si sono recati a Bruxelles per incontrare l’opposizione in esilio, come Franck Diongo, Jean-Claude Vuemba, Moise Katumbi o Raymond Tshibanda, in rappresentanza dell’Fcc dell’ex presidente Joseph Kabila. Sul tavolo, questi oppositori chiedono la liberazione dei prigionieri politici e, per i più radicali, le dimissioni del capo dello Stato. Per mettere a tacere le polemiche in questo incontro di Bruxelles, Tshisekedi si è affrettato a squalificare la presenza della piattaforma di Kabila, rinnovando l’accusa al suo predecessore di essere “il vero sponsor” dell’M23. “Un’uscita che però convalida l’iniziativa delle confessioni religiose che invocano una risoluzione esterna, ma anche interna, dei problemi del Congo”.

Christophe Rigaud ripercorre infine le tappe dell’avanza dei ribelli da un mese e mezzo: il 4 gennaio la ribellione ha preso Masisi-Centro, poi Minova e Sake il 24 gennaio e infine Goma il 30 gennaio. È poi scesa  verso il Sud Kivu con la cattura di Nyabibwe il 5 febbraio, di Kalehe il 12 e dell’aeroporto di Kavumu il 14, prima di entrare a Bukavu il 15 febbraio. Da questo fine settimana, l’M23 occupa il centro della capitale del Sud Kivu, il governatorato e il posto di frontiera Ruzizi 1 con il Ruanda. L’M23 controlla anche l’intero lago Kivu, una prima assoluta per questo gruppo armato, impegnato in una conquista territoriale senza precedenti nell’est della Repubblica Democratica del Congo.

Secondo gli ultimi aggiornamenti, un corridoio umanitario è ora aperto nella regione di Goma, nel Nord-Kivu congolese, consentendo la consegna di aiuti essenziali alle popolazioni bisognose da quando la città è stata teatro di scontri violentissimi che hanno portato alla presa del capoluogo da parte dei ribelli dell’M23 e dei loro alleati ruandesi.

L’apertura di un corridoio umanitario era richiesta a gran voce da giorni, ed è stata annunciata questo fine settimana dal ministero della Salute Pubblica su X. Il ministro della Salute pubblica, Roger Kamba, aveva poco prima preannunciato che era in fase di negoziazione un corridoio umanitario: “L’Organizzazione mondiale della Sanità ha ottenuto un accordo per il trasporto di attrezzature via Nairobi e Kigali”.

Secondo Roger Kamba, il ministero invierà kit traumatologici e medicinali tramite organizzazioni umanitarie per rafforzare l’assistenza ai feriti a Goma. Secondo lui, gli ospedali di Goma hanno registrato 4.260 feriti dopo l’attacco alla città da parte dei ribelli. Questo attacco ha messo a dura prova il sistema sanitario congolese.

Intanto, la città di Goma rimane controllata dall’M23 così come altre località strategiche del Nord-Kivu. Domenica, ha anche preso il capoluogo del Sud-Kivu, Bukavu. Non si conosce il bilancio delle vittime né degli sfollati. 

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