Dakar | Gli ultimi giorni dei taxi collettivi

di AFRICA
Car_rapide

I colori di base sono blu e giallo, ma una miriade di scritte inneggianti ad Allah o alla benevolenza del proprietario insieme a bandiere stilizzate, loghi improbabili di multinazionali, occhi o motivi geometrici copre quasi interamente lo sfondo ricreando un variopinto caleidoscopio ambulante. Sono i leggendari Car-Rapide, i taxi collettivi che da sempre riempiono le caotiche strade di Dakar. Niente finestrini, un unico sportello posteriore da cui si sporge l’apprenti cantilenando la destinazione con uno slang incomprensibile ai profani, l’immancabile nuvola nera di gasolio bruciato male e una capienza variabile che può anche superare le 30 persone, senza contare bambini e animali. La quasi totalità dei Car Rapide di Dakar sono furgoni di modello “Super Goelette” realizzati fra gli anni 50 e 70 dalla Saviem e dalla Renault; mezzi apparentemente immortali dalla linea inconfondibile e decisamente poco aerodinamica. Spesso l’originale è difficilmente riconoscibile: ognuno di questi mezzi è il prodotto di decine di altri smontati, fatti a pezzi e riassemblati alla bisogna, mostruosi Frankenstein metallici su cui si accaniscono meccanici e carrozzieri eroici e geniali.

Un simbolo sotto attacco

A pochi passi dal Palais de Justice di Dakar, in un’area sfuggita chissà come alla speculazione edilizia, decine di furgoni aspettano appoggiati su mattoni o pietre in attesa di venire smembrati e ricomposti in un ciclo che sembra non avere fine. Oggi a quanto pare il comune di Dakar se ne vuole disfare una volta per tutte e per qualcuno è difficile immaginare la città senza questi veicoli tanto caratterizzanti da essere stati inseriti nel 2015 nella collezione del Musee de L’Homme di Parigi. La notizia non è certamente nuova, da almeno dieci anni se ne parla con sempre più insistenza ma con pochi esiti concreti: addirittura un progetto della World Bank doveva supportare i patron nell’acquisto di mezzi nuovi e meno inquinanti entro il 2018. Scadenze e programmi che ovviamente faticano ad avere successo anche se la rinnovata attenzione del comune di Dakar e del governo senegalese all’ambiente e alla qualità dell’aria rendono sempre più inevitabile il pensionamento di questi leggendari autoveicoli. Come sarà Dakar senza i suoi car-rapide? Certamente un po’ meno inquinata ma anche molto meno vivace e allegra; sarà questione di poco però: l’esercito di decoratori della città saprà ben presto trasformare i nuovi anonimi modelli cinesi o indiani in opere d’arte viaggianti.

car rapide3

Cinema itinerante

Alcuni anni fa partecipammo a un concorso di architettura per progettare un cinema di periferia a Dakar e anziché una struttura fissa proponemmo un cinema itinerante. Con quali mezzi? Non potevano esserci dubbi e lo chiamammo Cine-Rapìde: due vecchi car-rapide per trasportare il materiale e supportare telo e proiettore, lo schermo fatto con le strutture dei portapacchi, come sedie casse di plastica della Gazelle, un terzo furgone con un frigo a batteria poteva diventare un bar provvisorio. Budget quasi zero, materiale recuperato e un impegno di poche ore per spostarsi e rimontare il tutto in ogni angolo della città. Andò male, vinse il concorso uno di quei progetti patinati buoni per acchiappare qualche like e che ovviamente non fu mai realizzato; l’idea del Cine-rapide però è ancora lì in un cassetto. Piuttosto che un banale e statico monumento non potrebbe essere una bella soluzione per mantenere viva la memoria di uno dei simboli più vibranti di Dakar?

(Federico Monica, autore dell’articolo, sarà relatore del seminario, organizzato dalla rivista Africa, “L’Africa delle città”. Per info e prenotazioni, clicca qui)

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