Si sono conclusi il 31 ottobre a Dakar e a Saint-Louis i «Laboratori del pensiero» («Ateliers de la pensée»), che hanno riunito per quattro giorni una ventina di intellettuali africani a dibattere, sia a porte chiuse sia con il pubblico senegalese, del presente e dell’avvenire dell’Africa. Le giornate sono state ideate dagli autori di due libri usciti quest’anno, che hanno suscitato dibattito nel mondo francofono: Felwine Sarr e Achille Mbembe con i rispettivi Afrotopia e Politiques de l’inimitié. Tra i protagonisti dell’iniziativa, personalità come Célestin Monga, vicepresidente della Banca africana di sviluppo e autore di opere non conformiste come «Nihilisme et négritude»; Alain Mabanckou, il romanziere africano in lingua francese oggi sulla cresta dell’onda; Léonora Miano (ex) ragazza prodigio della letteratura; Nadia Yala Kisukidi, ancor giovane docente universitaria di filosofia che sta riuscendo a far penetrare la filosofia africana negli atenei francesi…
Sono tutti esponenti di una generazione che non è accomunata tanto dall’età anagrafica o da una stessa cornice ideologica, quanto dalla consapevolezza che le questioni dell’Africa vanno ormai affrontate con discorsi nuovi e rigore metodologico. Di tale percorso, Mbembe – filosofo e storico camerunese che insegna all’Università «Wits» di Johannesburg – è uno degli esponenti più riconosciuti, convinto com’è che siamo solo agli inizi della «planetarizzazione della questione africana» e che ciò non fa che rinforzare la responsabilità degli africani. Anche per questo non condivide, per esempio, l’afrocentrismo, che porta i suoi adepti a fare dell’Occidente «l’oggetto oscuro del loro odio». In tal modo essi, già scriveva Mbembe in «Postcolonialismo» (Booklet, 2005), si autocondannano a essere «soggetti spossessati della loro soggettività, della loro voce e del loro desiderio».
Appuntamento agli Ateliers 2017.