Il Fondo monetario internazionale (Fmi) assicura subito uno sgravio immediato del debito a 25 Paesi membri nell’ambito della sua Catastrophe Containment and Relief Trust (Ccrt, Fondo per il contenimento delle catastrofi) per consentire loro di concentrare le loro scarse risorse alla lotta contro la pandemia del coronavirus. La maggior parte di questi Paesi sono africani: Benin, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Ciad, Comore, Congo, Gambia, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Madagascar, Malawi, Mali, Mozambico, Niger, Rd Congo, Ruanda, São Tomé e Príncipe, Sierra Leone, Togo. Ai quali si aggiungono: Afghanistan, Haiti, Isole Salomone, Nepal, Tagikistan e Yemen.
Ad annunciarlo è stata Kristalina Georgieva, direttrice operativa del Fondo Monetario Internazionale. La dirigente ha riferito che il comitato esecutivo del Fondo ha approvato il primo lotto di Paesi che riceverà sovvenzioni per coprire i loro obblighi di servizio del debito (cioè la rata di capitali e di interessi) al Fondo per un periodo iniziale di sei mesi. Attualmente il Ccrt dispone di circa 500 milioni di dollari di risorse, compresi nuovi impegni di 185 milioni di dollari dalla Gran Bretagna, 100 milioni di dollari dal Giappone e importi non rivelati dalla Cina, dai Paesi Bassi e da altri. Il Fondo sta spingendo per portare l’importo disponibile a 1,4 miliardi di dollari.
Georgieva ha aggiunto che «anche altri, tra cui la Cina e i Paesi Bassi, stanno facendo passi avanti con importanti contributi. Invito gli altri donatori ad aiutarci a ricostituire le risorse del Trust e ad aumentare ulteriormente la nostra capacità di fornire un ulteriore alleggerimento del servizio del debito per due anni ai nostri Paesi membri più poveri».
Il Fondo monetario internazionale sembra quindi aver accolto l’invito lanciato durante le funzione religiose pasquali da parte di papa Francesco. «Non è questo il tempo dell’indifferenza – ha detto il Pontefice –, perché tutto il mondo sta soffrendo e deve ritrovarsi unito nell’affrontare la pandemia. In considerazione delle circostanze, si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono la possibilità dei Paesi che ne sono destinatari di fornire adeguato sostegno ai propri cittadini e si mettano in condizione tutti gli Stati di fare fronte alle maggiori necessità del momento, riducendo, se non addirittura condonando, il debito che grava sui bilanci di quelli più poveri».
Secondo la Banca Mondiale, il debito estero dell’Africa subsahariana nel 2018 (ultimo rilevamento) ammontava a 583 miliardi di dollari, con un incremento di 200 miliardi rispetto a dieci anni prima. Un incremento ancora più grave se consideriamo che in dieci anni il peso del debito sul Pil è aumentato del 40%. E la situazione, per effetto del Covid-19, potrebbe peggiorare. Si prevede infatti che l’epidemia possa far scendere drasticamente i prezzi delle materie prime (dalle quali dipende gran parte dell’economia africana). Ciò avrebbe effetti deleteri sui bilanci di molti Paesi.
In Nigeria, per esempio, gran parte del gettito fiscale proviene dal petrolio (le entrate fiscali erano già calate da 24 miliardi di dollari nel 2013 a 15 miliardi nel 2016 e potrebbero ancora scendere. Lo stesso discorso vale per il Ciad, anch’esso produttore di petrolio, che ha dimezzato il proprio gettito fiscale passato da 2,2 miliardi di dollari nel 2013 a 1,2 miliardi nel 2016. Una serie di concomitanze internazionali fra il 2014 e il 2016 hanno fatto crollare anche molte altre materie prime gettando nella disperazione anche Paesi come Mozambico, Zimbabwe, Niger e vari altri economicamente dipendenti, appunto, dalle materie prime.
Ciò potrebbe portare a ulteriori tagli della spesa pubblica e, in particolare, di quella sanitaria. Aggravando così la dipendenza dall’estero e riducendo i servizi ai cittadini.