L’autrice presta la voce a quella che oggi è una studentessa ruandese in medicina a Roma, grazie a una “madrina” della onlus Progetto Rwanda.
Bibi, 5 anni, è l’unica superstite della sua famiglia alle mattanze del 1994. Con un braccio maciullato, tempestivamente protetta da vicini hutu, in poche settimane sperimenterà ripetutamente l’abbandono, pur “a fin di bene”, da parte di questa e di altre famiglie adottive tra Kigali e Goma. I suoi occhi vedono di tutto e – per lo meno nella sua memoria a vent’anni di distanza – la piccola, abitata dal cruccio di «sentirsi colpevoli di essere sopravvissuti a chi si amava», riflette molto, e a fondo.
Un libro che paradossalmente accende fiducia nell’umanità.
Giunti, 2015, pp. 236, € 14,90