La democrazia avanza in Africa, anche se a macchia di leopardo e con qualche strappo. È questa la tendenza che si è registrata nel 2016. Un anno che ha segnato molti casi positivi e alcune costanti negative.
I casi positivi sono certamente Benin, Capo Verde e Ghana. Paesi dell’Africa occidentale nei quali si sono svolte elezioni senza particolari incidenti e nel pieno rispetto delle regole democratiche, soprattutto quella dell’alternanza. Come, appunto, il Ghana dove l’oppositore Nana Akufo-Addo ha sconfitto John Dramani Mahama, Presidente in carica che si era ricandidato. In questa regione, rimangono perplessità sul Gambia, dove il Presidente Yahya Jammeh, dopo aver accettato la sconfitta alle Presidenziali, ha fatto marcia indietro, aprendo così una crisi che si trascinerà nel 2017, e in Niger, dove è stato reintrodotto il «voto per testimonianza» e dove è stato incarcerato Hama Amadou, il principale oppositore.
I veri problemi si sono registrati nell’Africa centrale e orientale. In Somalia, le elezioni previste in autunno sono state rimandate e, forse, si terranno nei prossimi giorni, ma con grandi perplessità sul sistema «indiretto» di votazione e sulle trattative tra i clan.
Gabon e Congo Brazzaville hanno visto la conferma di due dinosauri della politica come Ali Bongo, figlio di Omar (storico leader del Paese), e Denis Sassou Nguesso. La crisi in Burundi è irrisolta. Pierre Nkurunziza rimane saldamente al potere e, anzi, rafforza ogni giorno di più, la repressione contro gli oppositori.
In Gabon, Congo, ma anche in Ciad e Uganda, le elezioni sono state poi caratterizzate dal silenzio imposto ai social network e agli Sms. «L’obiettivo è quello di prevenire il flusso di informazioni – ha spiegato a Radio France Internationale Julie Owono, direttore di Internet senza frontiere in Africa -. Ma se si impedisce che le informazioni circolino è perché c’è qualcosa da nasconder: brogli, repressioni, ecc. I diritti digitali sono fondamentali oggi, per quando Internet è tagliata fuori».
Il 2017 probabilmente si aprirà con le crisi irrisolte del Gambia e della Rd Congo. Crisi che, in modo diversi, mettono in evidenza la vecchia tendenza di alcuni leader politici a rimanere in sella anche dopo la scadenza del mandato. Ma anche di una società civile che non accetta più i Presidenti a vita e che inizia a ribellarsi alla mancanza di democrazia. Un passo avanti di cui non si può non tenere conto.