dal nostro inviato Raffaele Masto
È strano vedere un africano guidare un calesse con tanto di cavallo. È ancora più anomalo quando di sua spontanea iniziativa vi indica degli alberi che spiccano all’orizzonte, quasi sul pelo dell’acqua, e vi dice che quella è già la Mauritania. Sì, perché Saint Louis è proprio l’ultimo lembo settentrionale del Senegal, praticamente sulla frontiera di un Paese, la Mauritania appunto, che nell’immaginario europeo è quasi sinonimo di deserto, addirittura di Maghreb.
Saint Louis invece è la vecchia capitale dell’Africa occidentale francese, lo è stata fino al 1902 ed è stata fino al 1958 anche la capitale del Senegal che secondo lo sguardo europeo è indubbiamente Africa Nera. Si chiama Saint Louis in onore di re Luigi XIII e fu un importante porto e polo commerciale. Una realtà che ha lasciato in eredità a questa cittadina molti europei residenti. Li si vede circolare con la sicurezza di chi considera, da sempre, la città il proprio luogo di vita e di lavoro.
Saint Louis è una città accogliente, ci vivono circa duecentomila persone ed è punteggiata da locali, ristoranti, hotel per tutte le tasche, per residenti e non. Ha quel ritmo ciondolante delle classiche città che hanno conservato molto della loro storia coloniale. Assomiglia un po’ a Cuba, a L’Avana o, ancora meglio, a Santiago, ma assomiglia anche a Ilha de Mocambique. Vi circolano poche auto, almeno nella parte antica. Ci sono calessi e taxi a volontà. I taxi sono auto quasi di un’altra epoca, con le portiere gialle, le gomme lise. La marca è sempre la stessa: la francese Peugeot.
La prima cosa che colpisce di questa cittadina è il ponte sul fiume Senegal. Al primo impatto sembra una Tour Eiffel sdraiata. Poi si comprende: è stato progettato da Gustave Eiffel e doveva unire due sponde del Danubio ma per uno sbaglio di carattere amministrativo e tecnico, invece di finire in una fredda capitale europea, arrivò quaggiù dove venne adattato è sistemato.
Il ponte, lungo 500 metri, è essenziale per Saint Louis perché il centro vitale della città sorge su una piccola isola nell’estuario del fiume Senegal. Un isola lunga 2.200 metri e larga 350. Oggi La città si è allargata anche alla terra ferma, ma l’isola è rimasta la vera Saint Louis, dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Ci vorrebbero fondi enormi per restaurare gli edifici coloniali, le strade, i monumenti. Ne verrebbe fuori un gioiello.
O forse il suo fascino è anche la decadenza, la spazzatura per le strade, l’asfalto scrostato. La città, del resto, ha una sua vita che va ben oltre il passato coloniale. Lo si capisce nel mercato del pesce: confusione, puzza, fanghiglia che aumenta a ogni carico di pesce portato sulla terraferma. Qui il pesce è la ricchezza vera e la popolazione si concentra su questa ricchezza. L’Unesco e il fatto di essere patrimonio dell’Umanita passa in secondo piano. La vita, l’economia contano di più.