Dièbèdo Francis Kèrè, il primo africano a ricevere il Pritzker Prize

di claudia

di Angelo Ferrari

Forse nessuno ci credeva, nemmeno lui. Ma Dièbèdo Francis Kèrè, 57 anni originario del Burkina Faso e oggi residente a Berlino, ha ricevuto la più alta onorificenza al mondo per l’architettura, il Pritzker Prize 2022. L’organizzazione ha elogiato il suo “impegno per la giustizia sociale. Attraverso il suo impegno per la giustizia sociale e l’uso intelligente dei materiali locali per adattarsi al clima naturale, lavora in paesi emarginati, dove i vincoli e le difficoltà sono molte e dove l’architettura e le infrastrutture sono assenti”.

Non si può dire che l’architetto burkinabè, Kèrè, sia stato introdotto all’arte del costruire sin da piccolo. Nulla di più lontano da questo. Tanto è vero che da piccolo, figlio di un capo villaggio del Burkina Faso, viene mandato a scuola per imparare a leggere e tradurre le lettere del padre.

Per l’assenza di una scuola a Gando, il suo villaggio natale, lascia la famiglia all’età di sette anni per andare a vivere nella capitale del paese, Ouagadougou, dove le opportunità educative sono maggiori. Insomma, un ragazzino come tanti altri in Africa, costretto a lasciare la propria casa per avere un riscatto sociale. Terminati gli studi si adatta a svolgere lavori umili come il carpentiere. Forse, questo lavoro gli cambia la vita.

La Carl Disberg Gesellschaft gli offre una borsa di studio. Kèrè non si fa sfuggire l’occasione e approda in Germania dove continua la sua formazione iscrivendosi alla facoltà di architettura della Technische Universitat di Berlino. Da allora in poi la sua strada si fa meno difficoltosa. Rispetto ai suoi coetanei rimasti in Burkina Faso, può senz’altro dire che ha raggiunto una meta importante, ora tutte le strade sono aperte. Ma Kèrè non dimentica la sua terra. Nel 1998 fonda l’associazione Schlbausteine fur Gando. L’obiettivo è quello di aiutare e accompagnare lo sviluppo del suo paese. Coniuga le conoscenze acquisite in Europa con i metodi di costruzione tradizionali del suo paese. Cosa che, poi, gli è valsa la maggiore onorificenza mondiale nell’ambito dell’architettura.

La tesi di laurea la dedica a un progetto per la costruzione di una scuola nel suo villaggio natale, che poi realizza. Nello stesso anno di laurea, 2004, fonda il suo studio di architettura a Berlino. Questa è la prima volta che un architetto di un paese africano riceve il riconoscimento che ha già incoronato i più grandi nomi dell’architettura mondiale come Frank Gehry, Tadao Ando, Renzo Piano, Zaha Hadid o Jean Nouvel.

Molte delle opere di Kèrè si trovano nel continente africano, in particolare in Benin, Burkina Faso, Mali, Togo, Kenya o Mozambico, ma gli sono state commissionate opere anche in Europa e negli Stati Uniti. E’ particolarmente noto per il suo coinvolgimento in progetti con un forte impatto pubblico. “Costruisce istituzioni educative contemporanee, strutture sanitarie, alloggi professionali, edifici civili e spazi pubblici, spesso in paesi in cui le risorse sono fragili”, spiegano gli organizzatori del Premio Pritzker.

La scuola elementare di Gando, progettata dall’architetto Dièbèdo Francis Kèrè

Tra le realizzazioni più importanti, per l’utilizzo dei materiali e l’adattamento al luogo, c’è la scuola elementare di Gando. Per gli organizzatori del Premio questa scuola pone le basi della sua intuizione architettonica: “Costruire una realtà con e per una comunità al fine di soddisfare un bisogno essenziale e ridurre le diseguaglianze sociali”.

Kèrè all’età di sette anni ha dovuto lasciare il suo villaggio natale proprio per mancanza di strutture educative. La scuola è progettata per resistere al caldo. La maggior parte delle scuole in Burkina Faso è realizzata in cemento, il cui uso fa salire notevolmente i costi, con un dispendio energetico che in villaggi remoti non si possono permettere, e non risponde alle esigenze climatiche. I muri della scuola di Kèrè, invece, sono costruiti con blocchi di terra compressa, che assorbono il calore.

Terra che in quei luoghi è facilmente reperibile. Kèrè guarda alle tradizioni per realizzare opere che rispondano alle esigenze contemporanee dei suoi connazionali. Nel ricevere il premio Kèrè si è augurato che questo possa cambiare il paradigma, che possa “ispirare le persone a sognare. Solo perchè sei ricco non significa che devi sprecare materiale. Solo perchè sei povero non significa che non dovresti provare a creare qualità: tutti meritano la qualità, tutti meritano il lusso e tutti meritano il comfort. Siamo legati gli uni agli altri e le preoccupazioni del clima, della democrazia e della scarsità ci riguardano tutti”. Kèrè, nonostante il suo successo, è rimasto legato a quel villaggio, Gando, che gli ha dato i natali e, senza che lui lo sapesse, è stato l’inizio della sua fortuna.  (AGI)

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