Donna, giovane, esperta, competente. Caratteristiche che possono fare di una persona un ministro all’altezza del compito. E così è, ma non si tratta di una donna europea, ma angolana, che da poco più di un mese ha assunto l’incarico di ministro dell’Ambiente, del Turismo e della Cultura. Adjany da Silva Freitas Costa, biologa, 29 anni, ha accettato il gravoso compito il 6 aprile. Un segnale di cambiamento voluto dal presidente angolano, João Lourenço, che è riuscito nell’intento di ridurre i ministeri – da 28 a 21 – in un paese dove le rendite di potere superano, spesso, la buona gestione della cosa pubblica. L’azzardo, poi, che a una giovane donna siano stati affidati tre dicasteri – prima erano separati – in una società che ha forti tratti e caratteristiche della tradizione matriarcale, ma dove gli uomini la fanno ancora da padroni. Non è un caso che la neo ministra debba affrontare resistenze, reticenze, proprio perché donna e giovane. Ma il curriculum di Adjany Costa può mettere a tacere ogni tipo di perplessità. Biologa e ricercatrice, dottoranda a Oxford e il suo impegno per l’ambiente, fanno di lei la persone giusta per affrontare una sfida importante e determinante per l’Angola. Il cambiamento, infatti, non passa soltanto attraverso le persone, ma dalle idee che vengono messe in campo, scardinando lo status quo, incominciando a percorrere vie nuove per un rilancio di un’economia che, oggi, ha il fiato corto. Un’economia, quella dell’Angola, che è ancorata al petrolio e alle materie prime e che dovrebbe percorrere piste nuove per lo sviluppo. L’Angola rimane, nonostante tutto, un paese dove tra il 30 e il 40 per cento delle persone vive sotto la soglia della povertà e che il coronavirus, e l’oscillazione del prezzo del petrolio, ha reso ancora più fragile.
Adjany Costa, vincitrice del premio Young Champions of the Earth, assegnato dalle Nazioni Unite agli ambientalisti di età compresa tra 18 e 30 anni del 2019, è stata direttrice del progetto per il National Geographic Okavango-zambese. Il bacino del fiume Okavango fa parte della più grande zona umida d’acqua dolce dell’Africa meridionale. Più di un milione di persone dipendono da questo bacino che si estende tra Angola, Namibia e Botswana. Le priorità della giovane ministra sono l’elaborazione di politiche appropriate per la conservazione degli ecosistemi, l’adozione di tecnologie pulite e ridurre gli impatti negativi dello sfruttamento delle risorse naturali, migliorandone la gestone. Ma anche coniugare conservazione ambientale e turismo che in Angola ha un enorme potenziale. Impegni importanti. Il responsabile della Juventude Ecológica Angolana (gioventù ecologica angola – Jea), Bartolomeu Milton ha detto di lei: “Ha trasformato la sua vocazione in una passione”. Una passione che, unita alla sua carriera, fa della nomina a ministra “una scommessa giustificata”. Milton, tuttavia, spiega che Adjany Costa avrà bisogno di “tempo e opportunità per trovare la sintesi giusta tra le sue grandi idee e le riforme necessarie”, tenendo conto, in particolare, “dell’inesperienza nel mondo politico”. Questo, infatti, potrebbe essere il suo grande nemico.
LE REGINE DEL PASSATO
La figura femminile ha sempre avuto un ruolo importante nella gestione del potere, con esempi positivi e altri, alquanto negativi. La storia dell’Angola racconta di donne che hanno saputo affrontare e, talvolta, vincere sfide importanti contro gli uomini di turno, anche all’epoca del colonialismo. Basta tornare con la mente al Regno del Congo. Dal XIV al XIX secolo il regno comprendeva i territori dell’attuale Angola e della Repubblica democratica del Congo. Proprio a partile del XVI secolo ha subito l’influenza del Portogallo, che ha sempre minacciato la sua integrità territoriale. I portoghesi, pur di espandere le loro colonie, non si facevano molti scrupoli: rapivano giovani per farne schiavi, saccheggiavano e nulla hanno potuto le proteste dei re a capo dei quei territori.
Una svolta, tuttavia, è arrivata proprio da una donna, Nzingha Mbande, regina di Ndongo e Matamba, due regni corrispondenti all’attuale Angola. Una donna che aveva le caratteristiche del vero capo, fin dalla nascita, come racconta la leggenda. Il padre, infatti, Kiluanji Ngola le ha insegnato le arti dell’equitazione, a combattere, ad apprendere le strategie diplomatiche e del commercio, oltre ad averla introdotta alla conoscenze delle lingue, portoghese e olandese. Il suo obiettivo, che non riuscì a raggiungere a pieno, era la cacciata dei portoghesi e la lotta alla schiavitù. Obiettivi che persegui fino alla morte, avvenuta all’età di 82 anni. Costruii un esercito di cui potevano far parte anche le donne. Le sue armi sono state orgoglio, dignità, acume e intransigenza, così da diventare un simbolo della resistenza africana alla penetrazione europea e fonte di ispirazione. Storie e leggende raccontate dai griot che diventano patrimonio comune. Insomma un esempio virtuoso di regina, interessata al proprio popolo, piuttosto che alle sue tasche.
L’Angola conosce un’altra regina, meno nobile, Isabel dos Santos, figlia dell’ex presidente Eduardo dos Santos, la “principessa d’Africa”. E’ stato il padre a metterla a capo della Sonagol, la compagnia petrolifera statale, e la donna, non certo sprovveduta, ha costruito la sua fortuna, diventando la donna più ricca d’Africa, con un patrimonio personale di 4 miliardi di dollari. La ruota, poi, ha girato nel verso sbagliato e Isabel è stata estromessa da ogni incarico proprio dal presidente che è succeduto al padre. João Lourenço, almeno nelle sue enunciazioni pubbliche, ha messo come priorità del suo mandato la lotta alla corruzione e il cambiamento, cominciando proprio dalla figlia del suo mentore e dal figlio José Filomeno dos Santos – messo a capo dal padre al Fondo sovrano dell’Angola. E guarda caso tutte e due si sono arricchiti a dismisura. Filomeno è stato arrestato, Isabel è sotto inchiesta e se ne sta rintana all’estero. Quella di Isabel e Filomeno è una storia che in Africa si ripete troppo spesso e accumuna molti rampolli dei presidenti esterni che continuano a governare paesi ricchissimi ma che sono diventati una iattura per i loro abitanti.
Dopo trent’anni duranti i quali la famiglia dos Santos si è arricchita a dismisura, alcuni personaggi dell’entourage – tra i quali l’attuale presidente – hanno deciso che è arrivato il loro turno. Ma come si sa tutto cambia perché nulla cambi. Adjany Costa dovrà avere lo sguardo rivolto al futuro ma anche guardarsi alle spalle, gli squali angolani sono più che mai voraci.
(Angelo Ravasi)