di Elisa Chiara – Centro studi AMIStaDeS APS
Il nuovo numero de L’Orizzonte degli Eventi targato AMIStaDeS esplora un tema potente: genere, rappresentazione e decolonizzazione nel Senegal contemporaneo. Tre analiste con radici profonde nel Paese ci guidano tra elezioni, attivismo e spazio pubblico, alla scoperta di cosa significhi davvero “decolonizzare il genere” nel 2025
Tre analiste del Centro Studi Amistades APS, tutte e tre legate al continente africano. Tutte e tre con forti legami con il Senegal, fra cui una rete di contatti di giornalisti, ricercatori, politici e attivisti senegalesi con cui tessere e alimentare relazioni. Lo scopo: condurre una ricerca sull’intersezione fra tematiche di genere, media e rappresentanza in Senegal, in particolare nel contesto delle ultime elezioni presidenziali del marzo 2024, che hanno visto una sola donna candidata – Anta Babacar Ngom – tra 19 uomini. Ma la questione va oltre i numeri. Il dossier mette a fuoco l’eredità del patriarcato coloniale, la discontinuità delle politiche di genere, la marginalizzazione mediatica delle donne e i paradossi delle leggi come quella sulla parità del 2010, mai pienamente attuata.
Dopo mesi di studio e lavoro, ecco il frutto di queste varie collaborazioni in loco e in Europa: il numero 19 della Pubblicazione “L’Orizzonte degli Eventi” del Centro Studi Amistades, online da marzo, dal titolo “Decolonizzare il genere: accenni tra storia, diritto, media e sfide per la rappresentanza femminile nel Senegal di oggi”, ispirato dallo studio della docente e ricercatrice Fatoumata Bernadette Sonko (“Perspectives critiques du féminisme en Afrique : femmes « sous silence» au Sénégal”, 2022) secondo il quale in Senegal il patriarcato è il frutto da un lato del retaggio della colonizzazione e dall’altro di tradizioni e influenze culturali e religiose. Questi, se combinati tra loro, hanno l’effetto, talvolta in maniera latente, di escludere le donne dallo spazio pubblico.
A fronte della lettura, le autrici si sono quindi poste l’interrogativo seguente: come contribuire a decolonizzare il genere in Senegal?
Attraverso il confronto fondamentale con vari interlocutori ed esperti della materia, le autrici hanno quindi voluto promuovere l’adozione di un approccio multidimensionale di ricerca. Attraverso interviste in Senegal, in Italia, in Francia e in Germania e con una ricerca quanti-qualitativa, il numero propone un approfondimento su diversi aspetti della rappresentazione e della partecipazione femminile senegalese, quali ad esempio:
- culturale, per esempio attraverso un accenno ai riti neonatali legati all’etnia wolof (maggioritaria nel paese), come il massaggio tradizionale, che sembra testimoniare, già a poche settimane di vita del bambino, una costruzione sociale dei ruoli di genere che si trasmettono di generazione in generazione e contribuiscono alla valorizzazione del femminile rispetto al maschile;
- storico-legale, ripercorrendo in particolare gli strumenti giuridici internazionali e locali di tutela e promozione della parità di genere in Senegal, e la loro traduzione pratica nelle politiche attive di partecipazione femminile, e di protezione nei confronti delle violenze di genere;
- politico-istituzionale, per esempio la presenza di ostacoli sistemici alla partecipazione attiva delle donne alla politica e al governo attuale; a titolo d’esempio, il limitato numero delle ministre in carica nel nuovo governo Diomaye-Sonko, e il cambio del nome del Ministero della Donna in Ministero della Famiglia e della Solidarietà;
- mediatico, per esempio il ruolo dei media, sia quelli tradizionali che i social media, nella costruzione e perpetuazione dei ruoli di genere;
- La libertà di stampa durante le ultime elezioni, minata da numerosi arresti di giornalisti e giornaliste, chiusure di radio e redazioni e oscuramenti di siti web;
- il ruolo della società civile, della diaspora senegalese e dei collettivi per la difesa dei diritti femminili (come il quadro di concertazione per il rispetto e la preservazione dei diritti delle donne, Ci La Ñu Bokk)nel dibattito pubblico nella messa in discussione (o al contrario nella legittimazione) dello status quo relativo all’insufficiente rappresentanza femminile nelle istanze pubbliche.
Un capitolo molto interessante dello studio riguarda in particolare il ruolo dei media tradizionali e digitali nella costruzione dei ruoli di genere, a partire dalla narrazione che viene fatta della figura femminile e dai ruoli direttivi o meno ricoperti dalle giornaliste a livello delle varie testate.
Le autrici propongono un metodo di ricerca che combina una mappatura preliminare di alcuni media, nel periodo concomitante alle elezioni presidenziali del 2024, con un’analisi qualitativa più approfondita attraverso interviste con specifiche testate digitali senegalesi e della diaspora, e con giornalisti freelance, radio comunitarie e giornali online.

I risultati sembrano rivelare:
- una scarsa narrazione in termini numerici di tematiche “al femminile” che, qualora presenti, sembrano tuttavia relegare la donna ad una figura di vittima oppure degna di mero riconoscimento estetico o eroico; la maggioranza degli articoli dedicati a temi femminili è redatta da uomini;
- che le questioni di genere sono spesso affrontate in maniera superficiale, e che anche in casi di violenze di genere (come stupri o omicidi) la tendenza è quella di colpevolizzare la vittima;
- l’assenza di posizioni di vertice al femminile nei media senegalesi, che frena la costruzione di prospettive e idee differenti;
- il ruolo fondamentale dei media della diaspora nella contribuzione al dibattito pubblico, anche in relazione alle tematiche di genere, plasmato tuttavia dalla persistente influenza dai contesti di origine dei giornalisti, che spesso evitano di trattare certi argomenti considerati come tabù per timore di perdere la credibilità agli occhi dei lettori;
- il duplice ruolo dei social media: questi, da un lato, come non più solo strumenti di connessione, ma anche di intrattenimento, con ad esempio 3,71 milioni utenti attivi su YouTube. Di interesse in questo senso la presenza sempre più marcata delle donne senegalesi in rete che, attraverso l’utilizzo delle piattaforme digitali, mettono in discussione la società contribuendo a renderla sempre più inclusiva (ne è un virtuoso esempio Fatou Warkha Sambe, fondatrice di Warkha TV e del collettivo Dafa Doy, entrambe iniziative di rilievo per quanto riguarda la violenza di genere e l’inclusione delle persone vulnerabili). Dall’altro però, la diffusione incontrollata di contenuti, che può talvolta minare la credibilità dei media tradizionali, incrementando la disinformazione e la manipolazione del pubblico, e amplificando atteggiamenti patriarcali.
La ricerca mostra quindi come nonostante le trasformazioni politiche ed economiche subite dal Senegal e il suo status di paese democratico, la strada verso l’empowerment femminile sia ancora in salita. Le elezioni politiche del 2024 sono state un momento di riflessione e, nel percorso verso questa decolonizzazione del genere, come ha affermato Rama Salla Dieng, docente di Africa e Sviluppo Internazionale presso il Centre of African Studies della School of Social and Political Science dell’Università di Edimburgo, “La lotta per l’uguaglianza non è solo una questione di rappresentanza, ma di riformulazione del potere”. E in questa sfida, anche i media hanno un ruolo cruciale.
Il numero completo è disponibile online sul sito ufficiale di AMIStaDeS.
FOTO DI APERTURA: Afp