È morto in esilio senza aver mai più rivisto il suo Paese. Kigeli V, 80 anni, è scomparso questa notte negli Stati Uniti dove viveva dal 1992. Era l’ultimo re del Ruanda.
È il 1959 quando «sale al potere». In realtà, di potere non ne ha. Il suo Paese è una colonia belga e Bruxelles, pur tollerando la figura del re tradizionale, non gli permette che un ruolo di rappresentanza. Anche se, va detto, la sua ascesa al trono è uno schiaffo ai colonizzatori. Morto il fratellastro, Mutara III Rudahigwa, la famiglia reale sceglie a succedergli Jean-Baptiste Ndahindurwa (il vero nome di Kigeli) senza interpellare il Governo belga né le élite hutu. Lo stesso Kigeli è sorpreso e un po’ choccato dalla decisione dei suoi familiari, ma accetta l’incarico.
Come sovrano cerca di mantenere un equilibrio tra hutu e tutsi. Ma sul piccolo Paese iniziano a soffiare i venti delle tensioni etniche. Proprio nel 1959 scoppiano i primi scontri tra gli hutu e tutsi che fanno centinaia di morti e costringono migliaia di persone alla fuga all’estero.
Nel 1961, il Belgio avvia un processo di autonomia interna. Con un referendum, l’80% dei ruandesi vota per l’abolizione della monarchia. Kigeli V parte per l’esilio prima che il Ruanda diventi indipendente nel luglio 1962.
Vive in Tanzania, Uganda e Kenya, nel 1990 si trasferisce negli Stati Uniti nel 1990. L’ultimo giornalista americano che lo ha incontrato, parla di una persona umile, dimessa che vive grazie all’aiuto sociale americano e le donazioni della diaspora. In esilio da oltre cinquant’anni, nonostante un appello del Partito Democratico Verde, a Kigeli V non viene concesso di rientrare in patria. Non ha quindi più avuto l’opportunità di rivedere le mille colline sulle quali aveva regnato molto brevemente e solo simbolicamente.