Notizie di cronaca riportano combattimenti avvenuti sia ieri che lunedì in Sud-Kivu tra le forze dell’M23 e dei suoi alleati, in particolare il Ruanda, e l’esercito congolese, sostenuto dai suoi alleati.
La ripresa delle ostilità avviene mentre i capi di stato della Comunità dell’Africa orientale (Eac) e della Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (Sadc), riuniti sabato 8 febbraio a Dar-es-Salaam, in Tanzania, hanno chiesto un “cessate il fuoco immediato” nella Rdc orientale. Pesanti colpi di arma da fuoco si sono uditi lunedì nei pressi di Ihusi, a circa sessanta chilometri da Bukavu, nella provincia del Sud Kivu. Ieri sono proseguiti gli scontri.
In questa fase, secondo fonti di Rfi, le località di Tshibandja, Munanira, così come la zona commerciale di Ihusi e Kalehe-centre, rimangono sotto il controllo delle forze lealiste, sostenute dalle truppe burundesi. Tuttavia, la M23 occupa la località di Muhongoza, situata a circa quattro chilometri dal centro di Kalehe e a tre chilometri da Ihusi. Ciò mantiene la pressione sulle posizioni dell’esercito congolese.
La guerra nel Kivu, al centro delle cronache nazionali e internazionali, non deve far dimenticare gli altri focolai di violenza in Repubblica Democratica del Congo. Almeno 52 civili sono rimasti uccisi, altre otto persone sono rimaste ferite e decine di case sono state bruciate nella notte tra lunedì e martedì, durante un attacco della milizia Codeco nelle località di Laudjo, Lindu e Lodja, nell’area di Djaiba, nel territorio di Dguju, nella provincia dell’Ituri. L’Ituri si trova a nord dal Nord-Kivu.
Secondo Radio Okapi, i miliziani del Codeco, giunti in gran numero, hanno invaso queste tre località lunedì sera intorno alle 22:00, dove hanno operato fino alle due del mattino. Hanno aperto il fuoco sui civili e ne hanno uccisi altri con i machete, dicono alcuni testimoni. Secondo quanto riportato da fonti concordanti, i miliziani hanno anche appiccato il fuoco a decine di abitazioni, scatenando il panico nella regione.
La società civile locale ha stimato il bilancio provvisorio di 52 morti, tra cui cinque ustionati, otto feriti e 30 case bruciate. Le vittime sono principalmente sfollati che vivevano presso famiglie ospitanti. Altre fonti parlano di più di 80 persone uccise durante questo attacco.
Il campo di sfollati di Djaiba, che ospita diverse migliaia di persone, era l’obiettivo principale di questi uomini armati. Secondo fonti locali, il sito, situato nei pressi del luogo della tragedia, è stato risparmiato grazie alla presenza dei caschi blu della Monusco e dei soldati delle Forze armate.
Le due forze hanno intensificato i pattugliamenti in quest’area per garantire la sicurezza e rassicurare la popolazione, dopo che il giorno prima due sfollati erano stati uccisi e altri 10 erano rimasti feriti in un altro attacco del Codeco in questo sito a Djaiba.
Attualmente la popolazione vive nella paura a causa della minaccia permanente rappresentata da questo gruppo armato.