Economie africane: basterà la moratoria del debito?

di Valentina Milani

Basterà la moratoria del debito per il 2020 e il 2021 per aiutare le economie africane in questo periodo di pandemia? Oppure sarà necessario estendere la moratoria fino alla fine del contagio? La moratoria sarà sufficiente o sarà necessaria una nuova cancellazione? Di questo si è parlato ieri nel secondo giorno della conferenza sul finanziamento delle economie africane di Parigi.

“La moratoria del debito – spiega ad Africa Rivista Riccardo Moro, docente di Politiche dello sviluppo presso l’Università degli studi di Milano ed esperto internazionale di questioni dello sviluppo – è stata approvata dal G20 nel 2020 ed è stata estesa, sempre dal G20, fino alla fine del 2021. È un provvedimento positivo, ma libera risorse per i Paesi africani indebitati solo temporaneamente. Il problema del debito quindi potrebbe riproporsi. Si parla di una possibile estensione fino al termine della pandemia. Di questo si è parlato ieri”.

Quale posizione ha la società civile di fronte a questa moratoria?

“La società civile ritiene che non sia sufficiente e che si debba procedere a una vera e propria cancellazione del debito estero che liberi liquidità per i Paesi in difficoltà”.

Basterà la cancellazione?

“A fianco della cancellazione, la società civile propone l’emissione dei cosiddetti diritti speciali di prelievo. Che cosa sono? Sono, di fatto, una moneta emessa dal Fondo monetario internazionale in casi speciali e in ragione della quota che ogni singolo Paese detiene nel capitale del Fmi. Il G20 si è detto favorevole all’emissione dei diritti fino a 650 miliardi di dollari”.

L’emissione di 650 milioni di diritti può essere sufficiente?

“La società civile ritiene quella cifra insufficiente per rispondere ai bisogni dei Paesi più indebitati. La proposta è di emettere almeno 3.000 miliardi di dollari. Così si creerebbe una massa di liquidità importante per rilanciare le singole economie”.

Rimane anche un discorso complesso sui sistemi fiscali e su come questi possano sostenere i rispettivi sistemi economici…

“Sì, bisognerebbe strutturare meglio i sistemi fiscali affinché le nazioni siano in grado di trarre i fondi necessari sia dalle proprie attività economiche sia da quelle esercitate da società multinazionali (che spesso riescono a eludere i loro obblighi). Su questo punto non c’è un accordo nel G20 e rimane un nervo scoperto”.

Che cosa è cambiato oggi rispetto alla Campagna di remissione del debito varata in occasione del Giubileo del 2000?

“Dal punto di vista del debito è cambiato molto. Vent’anni fa i Paesi erano indebitati soprattutto verso istituzioni pubbliche: altri Paesi o istituzioni finanziarie pubbliche (Banca mondiale e Fondo monetario internazionale). Oggi sono intervenuti nuovi attori. Penso a un’economia forte come quella cinese che, negli ultimi anni, ha prestato molto denaro e spesso fuori dai criteri tradizionali. Penso anche ai privati. Molti di questi hanno acquistato titoli di credito dei Paesi indebitati e ora pretendono la restituzione rivolgendosi anche a giudici di diritto privato. Si è così verificata la situazione assurda che magistrati hanno pignorato beni all’estero dei Paesi indebitati (edifici, terreni, sedi diplomatiche, ecc.). Così, mentre nel 2000 i Paesi ai quali era stato rimesso il debito sono potuti ripartire su basi nuove, oggi è più complesso. E, allo stesso tempo, ci troviamo di fronte a un nuovo exploit del debito causato dalla crisi del 2008 e dalla pandemia”.

(Enrico Casale)

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