Una scorta mediatica che continui a seguire l’operato del governo italiano sulle indagini per trovare la verità sulla morte di Giulio Regeni. Così Amnesty International, con la collaborazione della Federazione Nazionale della Stampa e dell’associazione Articolo 21, prova a richiamare l’attenzione dei media italiani sulla fine del ricercatore di Fiumicello, ritrovato senza vita il 3 febbraio del 2016 alla periferia del Cairo con evidenti segni di tortura.
L’iniziativa è stata lanciata questo pomeriggio dalla sede della Fnsi a Roma e può già contare sull’adesione di più di 50 giornalisti di diverse testate italiane tra cui Il Fatto Quotidiano. L’impegno è quello di fare, ogni 14 del mese, il punto della situazione su tutte le testate italiane. Una data scelta non a caso perché arriva due mesi dopo il 14 agosto, giorno del ritorno dell’ambasciatore italiano al Cairo. “La presenza dell’ambasciatore Gianpaolo Cantini è stata giustificata come una mossa essenziale per arrivare alla verità sulle indagini”, spiega a ilfattoquotidiano.it Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International. “Per questo noi abbiamo scritto al primo ministro Paolo Gentiloni e al ministro degli Esteri Angelino Alfano chiedendo loro degli aggiornamenti sul caso”.
In Egitto l’arrivo di Cantini, a più di un anno di distanza dal ritiro dell’allora ambasciatore Maurizio Massari, è stato giudicato come una normalizzazione dei rapporti, proprio mentre il governo egiziano attaccava l’Egyptian Commission for Right and Freedom, l’organizzazione che rappresenta legalmente la famiglia Regeni nel Paese. In meno di tre settimane, le autorità del Cairo hanno oscurato il sito internet dell’Ecrf, arrestato uno dei loro collaboratori – Ibrahim Metwalli – con l’accusa di danneggiare la sicurezza nazionale e tentato di porre i sigilli alla sede. “Su Regeni abbiamo bisogno di esercitare tutta la pressione possibile, anche quella mediatica”, ha affermato questo pomeriggio a Radio 1 Alessandra Ballerini, il legale che rappresenta la famiglia Regeni. “Ogni 14 del mese vogliamo tornare a mettere a fuoco la situazione, per seguire le evoluzioni e le involuzioni del caso”.
Gli elementi da chiarire nelle indagini, infatti, restano tanti. A partire dalla presenza di un inquirente italiano che avrebbe dovuto accompagnare l’ambasciatore Cantini nella sua missione e di cui le autorità italiane non hanno più fatto cenno nelle ultime settimane. “Nessuno sa se ci sarà una persona dedicata alle investigazioni che affiancherà la nostra sede diplomatica”, continua Noury. “Ciò che è certo è che il ritorno dell’ambasciatore ha diviso anche la stampa italiana. Da una parte le indagini su Giulio sono state una foglia di fico per giustificare la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi; dall’altra la morte di Regeni è stata definita come un ostacolo alle ricche relazioni economiche tra Roma e il Cairo”. Intanto le indagini continuano a ristagnare. Le ultime carte trasmesse a Roma dalla procura della capitale egiziana non hanno fornito nuovi elementi mentre resta impossibile per gli inquirenti italiani assistere agli interrogatori dei 7 graduati egiziani che hanno investigato su Regeni prima della sua morte. Solo loro, forse, potrebbero fare luce su un assassinio che al momento continua a non avere né un movente né un responsabile.
(14/10/2017 Fonte: Il Fatto Quotidiano)