L’aveva voluta Gamal Abdel Nasser per industrializzare l’Egitto. Ora il governo del presidente Abdel Fattah al-Sisi ha deciso di chiuderla. L’Egyptian Steel and Iron Company, la principale azienda siderurgica del Paese, sarà smantellata.
All’inizio di questo mese, il ministero delle Imprese pubbliche ha annunciato che la società andrà in liquidazione, chiuderà le sue fabbriche e rimanderà a casa i 7.500 dipendenti. Il ministero afferma che la decisione di mettere la società in liquidazione è dovuta alle perdite persistenti che causano numerosi debiti e alla mancanza di investitori pronti a investire per rilanciare il polo dell’acciaio.
Con centinaia di migliaia di tonnellate di acciaio e ferro prodotte annualmente, miliardi di sterline egiziane di profitti e migliaia di lavoratori nei suoi diversi stabilimenti, l’azienda è un perno dell’economia nazionale e rappresenta un lavoro sicuro per i suoi dipendenti.
L’annuncio ha suscitato diffusa rabbia e critica nei confronti del governo egiziano. In prima linea sono i lavoratori. “La nostra azienda non ha mai subito perdite e le nostre entrate sono uguali alle spese nel peggiore dei casi – ha detto alla stampa locale uno dei lavoratori -. La decisione di sciogliere la società è stata presa a vantaggio dei suoi concorrenti e non l’accetteremo”.
L’ex deputato Haitham al-Hariri ha messo in guardia contro l’effetto che la chiusura dell’azienda potrebbe avere sulla quantità di acciaio prodotto localmente. Lo sceneggiatore e oppositore politico Belal Fadl ha detto che la possibile liquidazione riflette il disprezzo dei funzionari per i cittadini.
Un acceso dibattito si sta diffondendo in rete. La gente comune accusa il governo di ignorare intenzionalmente le proposte per l’ammodernamento dell’azienda.
Ironia della sorte, la decisione di liquidare la Egyptian Steel and Iron Company è stata resa pubblica il 15 gennaio, lo stesso giorno in cui è nato Nasser.