Egitto, l’esercito controlla anche le imprese

di Stefania Ragusa

La situazione politica egiziana, al momento, è cristallizzata con il presidente Abdel Fattah al-Sisi saldamente al potere e la Fratellanza musulmana ai margini. Così Giuseppe Dentice, responsabile del desk Nord Africa-Medio Oriente del Centro studi internazionali (Cesi) di Roma, sintetizza l’assetto politico dell’Egitto parlando con Africa.

Le forze armate egiziane – spiega – rimangono il fulcro sul quale, da decenni, ruota la politica e l’economia dell’Egitto. Storicamente, si sono fatti paladini dell’‘interesse del popolo’. Quindi hanno assunto un ruolo sempre più importante tanto nelle istituzioni quanto nel sistema produttivo nazionale”. Non a caso Gamal Abd el-Nasser, Anwar Sadat e Hosni Mubarak e lo stesso al-Sisi provenivano e provengono dalle fila delle forze armate.

Il ruolo degli stati maggiori però non è solo politico – continua Dentice –. È molto forte il peso esercitato, soprattutto dall’esercito, sulla fitta rete di imprese egiziane. Direttamente o indirettamente, attraverso dirigenti civili a loro legati, i generali sono presenti in settori chiave come la grande distribuzione, il farmaceutico, il chimico, il siderurgico, le costruzioni. È un vero impero strutturato in migliaia di imprese di grandi e piccole dimensioni. Al-Sisi è il garante politico di questo sistema. Lui è stato investito e legittimato dai militari. Senza il loro sostegno il suo margine di manovra sarebbe limitato o nullo”.

L’economia però rappresenta un’incognita per l’Egitto. Le prospettive non sono positive, sebbene nel 2020, nonostante la pandemia di coronavirus, il Pil sia cresciuto del 2,3% e nel 2021 si stima possa crescere tra il 2,8 e il 4% (dati Banca mondiale). Il settore turistico ha segnato un crollo dei ricavi di 2,7 miliardi di dollari, registrando incassi per solo 9,9 miliardi. Il Canale di Suez ha prodotto 5,61 miliardi di entrate contro i 5,8 miliardi nel 2019.

“Questa situazione, a lungo andare, può diventare rischiosa – osserva Dentice – anche perché ha pesanti ricadute sull’occupazione (la disoccupazione è salita in un anno dal 7,5 al 9,6%). Per superare il difficile momento, Il Cairo ha chiesto un prestito di 5 miliardi di dollari al Fondo monetario internazionale. In cambio il Fmi ha chiesto profonde riforme economiche che, se attuate, avrebbero un profondo impatto su economia e società. Il governo sarà disposto a metterle in campo?”

In questo contesto, l’altra grande organizzazione politica (e sociale) egiziana, la Fratellanza musulmana, pare annichilita. Dopo la caduta di Mohammed Morsi, il primo presidente eletto democraticamente in Egitto ed espressione del movimento, la sua struttura è stata disarticolata. I vertici o sono stati arrestati o sono fuggiti all’estero (in maggioranza in Turchia, Gran Bretagna, Qatar). “In patria, i giovani hanno poca possibilità di manovra – prosegue Dentice -. Negli anni, le forze di sicurezza hanno costruito un apparato di repressione molto forte che non lascia molta libertà. Per quanto sappiamo, alcune frange della Fratellanza musulmana hanno creato gruppi amati piccoli o addirittura piccolissimi. Ma anche chi è rimasto nel movimento, sebbene non abbia fatto ricorso alle armi, si è ideologicamente radicalizzato. L’impostazione della Fratellanza musulmana ora è molto più dura, meno disposta ad aperture di credito verso un regime che, nei loro confronti, non ha usato il guanto di velluto”.

L’Egitto deve anche muoversi in un contesto internazionale non facile. “Gli interessi nazionali egiziani – conclude Dentice – si concentrano sui lunghi confini desertici con la Libia e il Sudan, dove Il Cairo sta cercando di riportare stabilità per evitare tensioni che potrebbero minacciare lo stesso Egitto. Recentemente poi si sono aperte due dossier che vedono il governo di al-Sisi in prima fila: l’influenza sul Mediterraneo orientale, dove si contende enormi giacimenti di idrocarburi con la Turchia, e la gestione delle acque del Nilo, dove il contrasto è con l’Etiopia che sta costruendo sbarramenti sul Nilo Azzurro. Su entrambi al-Sisi non può tirarsi indietro perché sono vitali per la sopravvivenza economica e per la tenuta sociale dell’Egitto”.

(Enrico Casale)

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