Alaa Abdel Fattah è fuori dal carcere. L’attivista e blogger 38enne ha finito di scontare la sua pena di cinque anni e dopo alcuni giorni di lungaggini burocratiche per il rilascio è finalmente tornato a casa.
I suoi primi passi fuori dalla prigione, gli abbracci e i sorrisi hanno iniziato subito a circolare sui social network, insieme alla gioia dei tanti, egiziani e non, che da tempo attendevano la notizia. Alaa era stato arrestato nel novembre 2013 per un sit-in contro i processi militari, organizzato proprio alcuni giorni dopo che il nuovo regime golpista aveva emanato la famigerata legge anti-proteste. Anche se non era presente in quell’occasione, la condanna riguardava anche una sua presunta aggressione a un ufficiale di polizia.
Alaa ha scontato l’intera condanna (inizialmente di 15 anni, poi ridotta a cinque), a differenza di altri implicati nello stesso processo e che hanno beneficiato di un’amnistia.
Ingegnere informatico e sviluppatore di software, Alaa Abdel Fattah è stato un pioniere della blogosfera egiziana, insieme alla sua compagna e moglie Manal Hussein. In lui si condensa il percorso di una lunga tradizione di attivismo laico in Egitto. Il padre Ahmed Seif El-Islam Hamad, militante comunista arrestato negli Ottanta, durante il regime di Mubarak, è stato tra i fondatori dello Hisham Mubarak Law Center, una delle prime e più importanti organizzazioni egiziane per la difesa dei diritti umani.
Sua madre, Laila Soueif, anche lei attivista di lunga data, è docente di matematica all’Università del Cairo e sorella della celebre scrittrice Ahdaf Soueif. La moglie Manal è invece figlia di Bahi El-Din Hassan, tra i padri fondatori del movimento per i diritti umani in Egitto, attualmente costretto all’esilio. Le sorelle, Mona e Sanaa Seif, sono anch’esse attiviste di primo piano.
Icona della rivoluzione del 2011, la vita e la militanza di Alaa in qualche modo racchiudono quelle di un’intera generazione e di tutto il movimento democratico egiziano. Ma la sua storia è anche strettamente legata alle prigioni dei vari regimi avvicendatisi negli anni.
Arrestato per la prima volta a soli 22 anni, nel 2006, durante una manifestazione a sostegno dell’indipendenza della magistratura, dal 2008 era andato a lavorare in Sudafrica. Ma allo scoppiare della rivolta del gennaio 2011 era tornato subito in Egitto, in tempo per partecipare alla famosa «battaglia dei cammelli» a piazza Tahrir (in cui i manifestanti difesero strenuamente la piazza da un assalto di bande criminali assoldate dal regime) e per assistere con i suoi occhi alla caduta di Mubarak.