Eritrea, repressa nel sangue una manifestazione di studenti

di Enrico Casale
manifestanti eritrei

Sarebbe di 28 morti e di 100 feriti il bilancio degli scontri tra polizia e manifestanti che si sono tenuti all’inizio della settimana ad Asmara, in Eritrea. Il condizionale è d’obbligo perché non esistono notizie ufficiali. L’ambasciata statunitense ha confermato le tensioni, ma non si è spinta a dare numeri sulle vittime. Il Governo, uno dei più illiberali d’Africa, ha negato le violenze

La notizia della repressione nel sangue è stata data dal movimento di opposizione degli afar (la popolazione che vive nella regione della Dancalia). Ieri, 1° novembre, nel suo profilo Facebook ha scritto: «La rivolta di martedì 31 ottobre ha lasciato 28 martiri e 100 feriti… invitiamo la comunità internazionale e le organizzazioni per i diritti umani denunciare il crimine alla giustizia internazionale».

Secondo le prime ricostruzioni, le manifestazioni sono scoppiate nel quartiere musulmano di Akriya (Asmara) quando la polizia ha tentato di chiudere la scuola islamica al Diaa, istituzione fondata alla fine degli anni Sessanta. Gli studenti hanno attaccato gli agenti mentre questi cercavano di arrestare Haj Mussa, il presidente onorario della scuola. Subito la manifestazione si è estesa per tutta la città. Al fitto lancio di pietre da parte dei giovani, le forze dell’ordine hanno risposto sparando. Facendo appunto numerose vittime. «Le manifestazioni – ha spiegato l’attivista eritrea Meron Estefanos – sono esplose dando sfogo a un sentimento di repressione che da anni gli asmarini provano verso un regime che non lascia alcuno spazio al dissenso». «Asmara è una città pacifica – ha commentato Selam Kidane, un’altra attivista -, ma dalle informazioni che si sono pervenute, la manifestazione si è trasformata in un incubo per la città. I bambini della scuola materna sono stati inseguiti per le strade e picchiati».

L’Eritrea è un Paese isolato. Il regime governa con il pugno di ferro. A giugno di quest’anno, Sheila B. Keetharuth, relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Eritrea, ha dichiarato che i cittadini vengono arbitrariamente arrestati e detenuti senza ragione. Le proteste di martedì hanno «aperto una grande porta», ha detto ad al Jazeera Saleh Gadi Johar, attivista e scrittore eritreo che vive in California. «Le persone si sono ribellate a un sistema che non tollerano più – ha continuato -, anche se la loro manifestazione è stata repressa, ne nasceranno altre e i giovani saranno in prima fila».

Ma Yemane G. Meskel, ministro dell’Informazione, ha negato l’esistenza di vittime: «La piccola dimostrazione in una scuola in Asmara è stata dispersa senza problemi né spargimento di sangue».

 

Riceviamo e pubblichiamo
Gentile Direttore, facciamo riferimento all’articolo pubblicato sul vostro sito il 2 novembre 2017 intitolato «Eritrea, repressa nel sangue una manifestazione di studenti». Poiché tale articolo contiene notizie contrarie alla verità la preghiamo di pubblicare la seguente rettifica ai sensi dell’art. 8 L. n. 47/1948. In data 31 ottobre ad Asmara si è svolta una manifestazione di protesta. Motivo della protesta la decisione del ministero dell’Istruzione di «parificare» le scuole confessionali. Esse in futuro dovranno avere un programma didattico uguale a quello delle scuole laiche, per questo riceveranno un adeguato finanziamento pubblico. I giovani di una di queste scuole confessionali si sono opposti, scendendo in piazza per protestare. La polizia è intervenuta per disperderli, senza causare né morti né feriti.
La notizia di «28 morti e 100 feriti», ripresa dal vostro giornale, diramata dall’Agenzia AP di Addis Abeba, in Etiopia, non ha alcun fondamento. È un atto politico non una notizia ed è finalizzato a screditare il governo di Asmara, sia agli occhi della comunità internazionale sia verso la numerosa diaspora residente all’estero.
Daniel Sillas
Resp. Media della Comunità eritrea in Italia

 

La risposta
La notizia delle proteste degli studenti è stata rilanciata dalla nostra rivista e da numerosi media italiani e non italiani. Per quanto ci riguarda, l’abbiamo data con tutte le precauzioni del caso, usando il condizionale, facendo verifiche attraverso nostre fonti (sebbene non sia facile in un Paese che reprime duramente la libertà di stampa) e riportando la dichiarazione di un esponente del governo di Asmara. Abbiamo, in sostanza, adottato le regole base del giornalismo, cercando di offrire un’informazione il più completa possibile. Nel merito, possiamo aggiungere che l’esistenza di scontri non può essere negata ed è stata, tra l’altro, confermata da alcuni video diffusi in rete in cui si vedono poliziotti e studenti affrontarsi e si odono in sottofondo i rumori di spari e dall’analisi pubblicata sul sito di Human Rights Watch, organizzazione che da anni si batte per la difesa dei diritti umani.

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