Diversi paesi africani hanno invitato Israele a mostrare moderazione nella sua risposta all’Iran, che sabato notte ha attaccato Israele in risposta a un attacco aereo israeliano sul suo consolato a Damasco, lo scorso 1 aprile, che ha ucciso alcuni alti ufficiali del Corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche. L’attacco iraniano di sabato ha coinvolto più di 300 droni e missili. Nigeria, Kenya, Sudafrica e Somalia sono i Paesi africani che hanno chiesto moderazione per evitare un’ulteriore escalation.
Il Dipartimento per le relazioni internazionali e la cooperazione del Sudafrica ha detto, in una dichiarazione diffusa su X, che “tutte le parti devono esercitare la massima moderazione ed evitare qualsiasi atto che possa aumentare le tensioni in una regione particolarmente fragile”.
Il presidente keniano William Ruto, in una nota ufficiale, ha esortato Israele “a mostrare la massima moderazione, tenendo conto dell’urgente necessità che tutte le parti si allontanino dal limite oltre il quale la ripresa sarà enormemente difficile” ma ha precisato che secondo lui l’attacco iraniano “rappresenta una minaccia reale e attuale alla pace e alla sicurezza internazionale”.
La Somalia, tramite una nota di Villa Somalia, ha invitato “la comunità internazionale a intraprendere un’azione rapida e decisiva per allentare la situazione e ridurre il rischio di ulteriori conflitti”.
Il ministero degli Esteri nigeriano, in un comunicato diffuso alla stampa, ha esortato Israele e Iran a “riflettere sull’impegno universale per la risoluzione pacifica dei conflitti”.
Né l’Iran né Israele hanno estesi legami politici nell’Africa sub-sahariana. Tuttavia, il 26 aprile prenderà il via il vertice Iran-Africa a Teheran e le preoccupazioni dei partner africani si manifestano in un momento di altissima tensione e altissimo rischio. Come ha riferito giorni fa l’agenzia iraniana Irna, al secondo vertice Iran-Africa sono attesi i ministri dell’Economia di oltre 30 Paesi africani: gli scambi commerciali con i Paesi del continente africano sono oggi pari a 1,2 miliardi di dollari e che Teheran punta a rafforzarli, per arrivare a 10 miliardi di dollari nei prossimi tre anni.