Le autorità sanitarie della Guinea Equatoriale stanno cercando di affrontare l’emergenza in corso dovuta alla devastante esplosione che ha causato almeno 20 morti e oltre 600 feriti, secondo il ministero della Difesa, occorso ieri nella caserma militare di Nkoantama a Bata, capitale economica del paese. L’appello alla cittadinanza e ai volontari, da parte delle autorità sanitarie, è di recarsi in tutti gli ospedali per donare il sangue, ma anche questo rappresenta un’emergenza nell’emergenza: a Bata, città i cui dati economici – sulla carta la Guinea Equatoriale ha i redditi pro-capite più alti del continente grazie all’esportazione di idrocarburi – non riflettono la realtà in cui vive la maggior parte della gente, come in tutto il Paese l’HIV è ancora un piaga e affligge circa l’8% della popolazione, secondo i dati più recenti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Nel Paese le autorità, da ieri, hanno bloccato WhatsApp e la diaspora guineana in Europa, perlopiù critica con il governo, in queste ore discute molto di quanto avvenuto ieri e della risposta dei soccorsi e dei sanitari nelle ore successive. Mentre il presidente Teodoro Obiang parla di «uso irresponsabile di esplosivi» in un comunicato stampa la diaspora guineana si chiede come sia stato possibile stoccare così tanto materiale esplosivo in una caserma realizzata nel cuore di un quartiere residenziale.
Le immagini di ieri pomeriggio dopo l’esplosione che circolano su internet, e che abbiamo verificato, sono impressionanti e ricordano il porto di Beirut poco dopo l’esplosione di agosto 2020. Quelle trasmesse dalla Tv pubblica guineana sono altrettanto drammatiche: mostrano centinaia di persone, molti i bambini, accalcate in attesa di entrare in uno degli ospedali della città. Il sistema sanitario di uno dei principali produttori di petrolio d’Africa sembra totalmente impreparato a reggere il colpo. In alcuni post su gruppi dell’opposizione sui social media qualcuno invita la popolazione a sollevarsi contro il governo «visto che in questo momento non hanno munizioni» e anche la Cored, principale partito di oppositori in esilio in Francia e Spagna, invita la cittadinanza a reagire «contro il regime» tramite un comunicato stampa pubblicato la sera del 7 marzo.