Essere missionario, sempre e dovunque

di claudia

di Luigi Morell – Amici dei Padri Bianchi

Che cosa significa essere missionari? È l’interrogativo che si pone padre Luigi Morell, che dopo tanti anni di lavoro umanitario e pastorale in Africa si trova oggi ad occuparsi della gestione della Casa Generalizia dei Padri Bianchi a Roma. È mutato il contesto e sono cambiati i compiti assegnati, non la voglia di mettersi al servizio degli altri, vicini e lontani

Dopo alcuni anni di missione nella diocesi di Fort Portal in Uganda, durante gli anni Settanta, fui improvvisamente trasferito al Seminario maggiore di Katigondo in sostituzione di un docente che si era ammalato e doveva essere rimpatriato d’urgenza. Passai allora dalla vita intensa di visite nelle cappelle rurali, o succursali, come le chiamavano noi, dove abitava la maggior parte della gente, alla vita più sedentaria del professore! Qualcosa di simile l’ho vissuto un paio di anni fa, quando sono atterrato a Roma per assumere l’incarico di economo locale nella Casa Generalizia dell’Istituto dei Missionari d’Africa (detti Padri Bianchi). Sono passato dal correggere i compiti di teologia morale al pagare le bollette del gas e dell’elettricità. Quando lavoravo in seminario, venivano a cercarmi per un aiuto a organizzare un saggio di teologia o un’omelia, adesso vengono a comprare i biglietti dell’autobus o a dirmi che il rubinetto della stanza perde e la luce non funziona! Sempre riaffiora la domanda: “Sto sprecando il mio tempo?”.

D’altra parte, la popolazione di Roma è composta da persone di origini e religioni diverse, molti sono immigrati senza permesso di soggiorno e senza una dimora fissa. Ci sarebbe ampio spazio per immergersi in attività legate all’accoglienza e all’integrazione di persone tanto diverse nel tessuto sociale italiano e per contribuire all’apertura delle nostre comunità alle numerose culture che vivono in questo ambiente. Ma resta chiaro che le bollette vanno pagate in tempo e che i rubinetti non possono aspettare di essere riparati. Inoltre, i numerosi confratelli e ospiti che transitano per la Casa devono essere accolti, dato che gli aerei volano 24 ore su 24, e chi ha bisogno di attenzioni mediche spesso vuole essere accompagnato per destreggiarsi nei passaggi tra i vari uffici in ospedale. C’è da assistere i tanti stranieri che trovano ospitalità nella casa e che devono essere aiutati a cavarsela in una città, un contesto sociale, che non conoscono. I bisogni sono tanti, e quando c’è un’emergenza richiede intervento immediato.


Quando considero tutti questi aspetti, mi rendo conto che la mia nomina qui è parte integrante di un cammino missionario che ho sempre inteso percorrere in un atteggiamento di fraternità. L’Africa resta sempre nei miei pensieri e nel mio cuore. Malgrado le tante incombenze quotidiane, continuo a seguire gli sviluppi nei Paesi in cui sono stato. E, per quanto possibile, mi occupo di progetti a sostegno delle comunità africane, come quelli promossi dall’associazione Amici dei Padri Bianchi (grazie a tutti coloro che ne sostengono le attività e vorranno continuare a farlo!). In maniera particolare, seguo il lavoro di suor Agata Mutoni, il progetto del centro di salute a Kinango in Kenya. Si trova vicino alla città di Mombasa e si prefigge di aiutare le donne, con i loro bambini, a superare la violenza domestica e ad accedere ai propri diritti in caso di successione, quando rimangono sole alla morte del marito. È un’attività che viene svolta dalla suora insieme a diverse persone preparate per questo tipo di intervento, sia all’ospedale stesso di Kinango sia nei dispensari dipendenti dall’ospedale.

Continuo pure a seguire gli sviluppi della comunità dei seminaristi dei Padri Bianchi a Merrivale, in Sudafrica, con i quali sono in comunicazione. Continuo la collaborazione con loro specialmente quando mi chiedono di fare da secondo lettore degli elaborati finali degli studenti. Insomma, pur vivendo e operando a Roma, non ho spezzato il mio legame con l’Africa. Si può essere missionari ad ogni latitudine, l’importante è non smarrire la voglia di mettersi al servizio degli altri, vicini e lontani.

(contenuto redazionale di Coopera in Africa)

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