Fu autocrate e innovatore. Nacque in un ambiente denso di atmosfere feudali e morì in un clima di rivoluzione. Hailè Selassiè è una figura complessa della storia etiope ed africana. Oggi ricorre il cinquantesimo anniversario della sua deposizione. Figlio di ras Makonnen, il generale che sconfisse gli italiani ad Adua, salì alla ribalta come reggente prima di essere incoronato imperatore. Modernizzò l’Etiopia, lavorando per centralizzare il potere (riducendo il potere feudale), migliorare le infrastrutture e rafforzare l’esercito. Lavorò anche per la diplomazia internazionale, diventando un simbolo dell’unità africana (fu tra i fondatori dell’Organizzazione dell’Unità Africana di cui ospitò ad Addis Abeba la sede).
Il regno di Haile Selassie affrontò delle sfide, tra cui l’invasione italiana dell’Etiopia nel 1935, che lo portò all’esilio. Dopo la seconda guerra mondiale, con l’aiuto delle forze alleate, tornò al potere e divenne una figura di spicco nel movimento anticoloniale. Fedele alleato degli Stati Uniti, si trovò ad affrontare la ribellione degli eritrei al Nord e le resistenze ai cambiamenti della nobiltà etiope. Venne deposto l’11 settembre 1974 da un gruppo di giovani ufficiali che diede vita a una repubblica di stampo marxista. Per quasi un anno, il negus venne tenuto prigioniero nei suoi appartamenti. Per l’uomo forte del nuovo regime, Manghistu Hailè Mariam, il vecchio sovrano, era diventata una figura ingombrante. Si dice che sia stato lo stesso Menghistu a soffocare l’anziano negus che venne poi seppellito sotto una latrina. Caduto il regime marxista, il suo corpo venne recuperato e inumato con tutti gli onori nella cattedrale della Santissima Trinità di Addis Abeba, il 5 novembre 2000.