Gli Stati Uniti hanno affermato di “condannare il rientro dell’Eritrea” nel conflitto civile in Etiopia tra le forze di difesa federali e le forze del Tigray che, iniziate il 24 agosto, si sono ora estese alle aree di confine dell’Etiopia con il Sudan.
Secondo la portavoce Usa, Karine Jean-Pierre, “l’inviato speciale del presidente Biden per il Corno d’Africa, l’ambasciatore Mike Hammer, si recherà in Etiopia a partire da questo fine settimana per affrontare la crisi nel nord dell’Etiopia. L’inviato speciale Hammer chiederà che tutte le parti dovrebbero interrompere le operazioni militari e impegnarsi in colloqui di pace”.
Oltre alla loro condanna del coinvolgimento dell’Eritrea nel conflitto, gli Stati Uniti hanno anche espresso un giudizio negativo sull’offensiva del Tplf al di fuori del Tigray e gli attacchi aerei del governo etiope.
“Non esiste una soluzione militare al conflitto. Prima delle nuove ostilità, eravamo ottimisti, incoraggiati da cinque mesi di tregua umanitaria. Ora siamo profondamente preoccupati – ha affermato la portavoce Karine Jean-Pierre -. Tutte le parti dovrebbero esercitare moderazione. E sollecitiamo la riduzione dell’escalation da parte di tutti gli attori, in particolare affinché possa esserci una ripresa degli aiuti umanitari e dei servizi di base a tutte le parti bisognose”.
La condanna del governo statunitense contro il coinvolgimento dell’Eritrea nella guerra è la prima conferma da parte della comunità internazionale dell’impegno di Asmara nelle rinnovate ostilità. Dopo l’iniziale smentita del ruolo dell’Eritrea nella guerra del Tigray e le segnalazioni di atrocità estreme commesse dalle forze eritree contro i civili (definite dal governo eritreo una “completa bugia”), l’Etiopia ha ammesso il coinvolgimento delle truppe eritree in atrocità contro i civili, confermando i precedenti rapporti delle organizzazioni per i diritti umani, inclusa la Commissione etiope per i diritti umani che ha evidenziato “gravi violazioni dei diritti umani e un attacco contro i civili nella città di Axum, nella regione del Tigray”.
Tuttavia, l’Etiopia nega un nuovo coinvolgimento dell’Eritrea nelle attuali ostilità militarizzate. Parlando alla Cnn il 2 settembre, l’ambasciatore dell’Etiopia negli Stati Uniti, Seleshi Bekele, ha detto: “non abbiamo informazioni al riguardo; sentiamo sui social media ecc.”. L’ambasciatore ha anche accusato il Tplf (Fronte popolare di liberazione del Tigray) di tenere un atteggiamento che provoca l’Eritrea.
La condanna del governo statunitense arriva quando il Consiglio congiunto dei partiti politici etiopi (Eppjc) ha chiesto alla comunità internazionale di esercitare la pressione sul Fronte popolare di liberazione del Tigray affinché riprenda il dialogo e cessi i combattimenti nel Nord del Paese. Il Consiglio congiunto ha anche invitato alcuni Paesi a sostenere il percorso pacifico astenendosi dall’interferire negli affari interni dell’Etiopia sostenendo la formazione tigrina.
Il Consiglio congiunto dei partiti politici etiopi, una coalizione di 53 partiti politici, ha rilasciato oggi una dichiarazione chiedendo l’arresto della guerra che si è riaccesa nella parte settentrionale del Paese e la ripresa delle alternative pacifiche.
Il presidente del Consiglio, Mebaratu Alemu, che ha letto la dichiarazione, ha osservato che l’Etiopia, la cui civiltà e sviluppo è stato ostacolato a causa della guerra prolungata, non è ancora in grado di uscire dal circolo vizioso della guerra. Il conflitto, scoppiato nel novembre 2020, dura ormai da 22 mesi, incendiando la regione settentrionale dell’Etiopia e causando enormi danni umani, economici, sociali e psicologici. Il presidente ha sottolineato che “è ferma volontà del popolo che questa guerra devastante finisca pacificamente”.
Nella nota si sottolinea che grandi speranze di una soluzione pacifica del conflitto erano emerse dopo la dichiarazione del cessate-il-fuoco dichiarato dal governo sotto gli auspici dell’Unione africana. Nel documento, diviso in sette punti, il Consiglio esorta il Tplf a riprendere la via della pace in conformità con le misure unilaterali di cessate-il-fuoco adottate dal governo.
Il Consiglio ha infine esortato la comunità diplomatica internazionale a dimostrare la sua solidarietà imparziale al fine di avviare i colloqui e le discussioni di pace, nonché a esercitare la necessaria pressione sul Tplf.
La guerra in Tigray ha provocato migliaia di morti, oltre due milioni di sfollati e profughi, con più di nove milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria immediata. Nel frattempo la guerra, con il suo corollario di orrori, si è estesa anche alle vicine regioni dell’Amhara e dell’Afar. Le speranze riposte nel cessate-il-fuoco umanitario annunciato il 24 marzo da Addis Abeba sono svanite quando una decina di giorni fa sono ripresi i combattimenti. Gli effetti del conflitto si aggiungono a quelli della pandemia di coronavirus e, soprattutto, a quelli di una lunga siccità che ha colpito tutto il Corno d’Africa e ha portato la regione sull’orlo della carestia.