Un campanello d’allarme sull’uso improprio dei media “per propagare una narrativa non confermata di genocidio” rivolto a chi è “veramente interessato a prevenire genocidi e conflitti”. Questo l’intento dichiarato di un studio dati dei social media realizzato da un team di analisti di un gruppo della diaspora etiope filogovernativa GetfactEt con sede negli Stati Uniti a partire dalla comparsa dell’hashtag #TigrayGenocide su Twitter.
Secondo il risultato dell’analisi, “i dati che hanno rivelato un’informazione scioccante indicano che attori non militari al di fuori dell’Etiopia stavano coordinando la campagna informatica collegata al comando militare del Fronte di liberazione del popolo del Tigray (Tplf)”, il gruppo armato che combatte l’esercito governativo nella regione settentrionale dell’Etiopia.
Gli autori dello studio ritengono che, nella notte tra il 3 e il 4 novembre 2020 – data dell’inizio del conflitto che lacera la regione da quasi due anni – sarebbero stati creati 17 account sul social media, di cui uno avrebbe dato luce all’hashtag #TigrayGenocide, finora assente dai post twittati online. Denunciando “un attacco informatico contro l’azione militare in Tigray progettato per distrarre la comunità internazionale”, lo studio trae quindi la conclusione che “#TigrayGenocide è stato lanciato prima e durante l’attacco a migliaia di forze di difesa nazionale etiopi (Endf) di stanza nel Tigray, molte delle quali sono state massacrate dalle forze del Tplf mentre dormivano (…) e molto prima che le forze etiopi rispondessero all’attacco del Tplf che ha dato inizio alla guerra e alla crisi umanitaria in corso”.
Secondo gli esperti del gruppo filogovernativo, per “spingere #TigrayGenocide in tutto il mondo e propagare la narrativa del genocidio”, nella giornata del 4 novembre vennero poi creati 184 account aggiuntivi, altri 156 il giorno dopo, per giungere a un totale di 1633 nuovi account cumulativi entro il 30 novembre 2020 all’origine di 75.581 tweet #TigrayGenocide sulla rete – senza tener conto dei retweet, replay o Mi piace – per lo più concentrati, dicono sempre gli autori del documento, in località specifiche in Australia, Stati Uniti, Paesi Bassi, Regno Unito, Kenya e Tanzania.
Osservando una diminuzione di oltre l’80% nella creazione giornaliera di nuovi account dopo il 5 novembre 2020, lo studio conclude che i primi account creati tra il 3 e il 4 novembre “sono stati quelli che hanno guidato l’hashtag del genocidio per i mesi consecutivi successivi all’inizio del conflitto”.
Di fronte alle numerose denunce di violazioni dei diritti umani formulate dalle ong e fonti ospedalieri locali, le Nazioni Unite hanno deciso nello scorso dicembre di aprire un’indagine sui presunti crimini contro l’umanità commessi durante la guerra del Tigray.