Il governo di Addis Abeba ha accusato il Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) di “non avere un briciolo di interesse in colloqui di pace” volti a fine al conflitto in corso nella nord del Paese dal novembre 2020, ribadendo invece di essere a sua volta pronto ad avviare il negoziato per un cessate il fuoco sotto la guida dell’Unione africana, “in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo”. Lo ha detto la portavoce dell’ufficio del premier, Bilene Seyoum, in un briefing tenuto con la stampa internazionale, nel corso del quale ha respinto le accuse arrivate dalle autorità del Tigray di violazioni alla tregua in atto dallo scorso marzo.
Il Comando militare del Tigray ha accusato le forze governative di aver lanciato nei giorni scorsi “un attacco deliberato” contro postazioni militari a Dedebit, nella zona nord-occidentale della regione, sottolineando che “il governo sarà responsabile di un possibile secondo round di una guerra distruttiva”. Interpellata su questa accusa, la portavoce ha risposto che “questa narrazione e questa retorica che continuano ad arrivare dall’altra parte non sono altro che un meccanismo per non impegnarsi in modo pacifico” e che “la tregua umanitaria che è stata promulgata dal governo federale è ancora in vigore”.
Nel briefing, Bilene ha poi rimarcato l’impegno del governo per arrivare a una soluzione del conflitto, citando il piano messo a punto dal Comitato per la pace, che prevede che i colloqui si tengano “nelle prossime settimane per arrivare a un accordo di cessate il fuoco”. La stessa proposta, ha ricordato, “stabilisce che i colloqui devono essere senza precondizioni perché gli etiopi nella regione del Tigray non devono continuare a essere prigionieri degli interessi politici del Tplf”.
Il presidente del Tigray, Debretsion Gebremichael, ha più volte posto invece come precondizione per l’avvio di un dialogo il ripristino dei servizi essenziali nella regione. A questo riguardo, ha aggiunto Bilene, “il governo ha chiarito in diverse occasioni ai propri partner e all’opinione pubblica che bisogna approvare e poi attuare disposizioni di sicurezza e amministrative all’interno della regione del Tigray per facilitare i lavori di riparazione tecnica sul terreno e ripristinare i servizi”. E perché ciò avvenga, occorre “un ambiente favorevole” che al momento manca, a fronte di “un gruppo a parole molto bellicoso e illegalmente armato che opera a proprio piacimento e si rifiuta di accettare colloqui di pace”.
“Se davvero il Tplf ha a cuore il benessere degli etiopi nella regione del Tigray, allora gli dovrebbe essere pubblicamente chiesto dai vari attori della comunità internazionale di accettare l’agenda di pace e di partecipare ai colloqui invece di cercare scuse per evitare la pace”, ha concluso.