Il Fronte popolare di liberazione del Tigray, formazione che combatte da un anno contro l’esercito federale etiope, ha annunciato il ritiro dei suoi miliziani in vista di un possibile di un cessate-il-fuoco dopo 13 mesi di guerra. In una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e al presidente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, Abdou Abarry, datata domenica e resa nota ieri, Debretsion Gebremichael, il leader del Tplf, ha affermato di aver “ordinato alle unità che si trovano al di fuori dei confini del Tigray ritirarsi nei confini del Tigray con effetto immediato”.
Dopo aver ascoltato l’appello a ritirarsi sia dalla comunità internazionale sia dal governo federale etiope, Gebremichael ha affermato che il Tplf confida che il loro “audace atto di ritiro” “aprirà alla pace”, aggiungendo che spera possano prendere il via negoziati con la controparte dopo la cessazione delle ostilità.
Le forze del Tigray e il governo federale etiope sono in guerra dal novembre 2020, quando il primo ministro etiope Abiy Ahmed ha ordinato un’offensiva militare nel Tigray a seguito di lunghe controversie sul governo della regione. I combattimenti hanno provocato migliaia di morti, oltre due milioni di sfollati, hanno alimentato la carestia e provocato un’ondata di atrocità.
Abiy ha negato che civili siano stati feriti o uccisi e che i soldati della vicina Eritrea si siano uniti alla lotta, ma i rapporti di osservatori internazionali, gruppi per i diritti umani e giornalisti hanno scoperto molteplici atti in violazione dei diritti umani.
Nella lettera di domenica, Gebremichael ha chiesto ai diplomatici delle Nazioni Unite di dare “pieno appoggio a una cessazione immediata delle ostilità seguita da negoziati” e ha invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a “stabilire un meccanismo per garantire l’immediata e vera cessazione di tutte le forme di ostilità” e “il ritiro totale di tutte le forze esterne”.
Il leader del Tigray ha anche chiesto l’istituzione di una no-fly zone sul Tigray, con l’eccezione di scopi umanitari e civili, nonché l’imposizione di embargo sulle armi all’Etiopia e all’Eritrea. Nella lettera, Gebremichael ha anche espresso una profonda delusione per il fatto che la comunità internazionale, comprese le Nazioni Unite, non abbia trovato un modo per garantire che le forniture di cibo arrivassero nella regione nel corso del conflitto.
“Siamo fiduciosi che il segretario generale e il Consiglio di sicurezza raddoppieranno gli sforzi per garantire che il crimine di guerra della fame sia fermato e gli aiuti forniti”, ha detto Gebremichael.
Il portavoce del Tplf, Getachew Reda, ha dichiarato in un tweet lanciato ieri che ritirandosi “crediamo di aver tolto qualsiasi scusa alla comunità internazionale che ora deve spiegare la sua esitazione quando si tratta di fare pressione su Abiy Ahmed e sui suoi partner regionali nel crimine per fermare la loro campagna di genocidio nel Tigray”.
Venerdì scorso, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha votato in una sessione speciale per istituire una commissione di esperti di diritti umani sul conflitto in Etiopia, una mossa con cui il governo federale etiope ha dichiarato di non voler collaborare.
Nel frattempo, la decisione delle Nazioni Unite è stata accolta dalla leadership regionale del Tigray, che ha affermato che è “incoraggiante apprendere che il Consiglio ha finalmente capito che il regime di Abiy sta solo cercando l’impunità per tutte le atrocità commesse ai sensi del diritto internazionale”.