Etiopia: in Tigray la sconfitta può far cadere Abiy, analisi

di Valentina Milani

“La situazione è ancora molto complessa e molto fluida” nel Tigray, ma la “sconfitta” subita dal governo etiopico da parte delle forze del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf) potrebbe segnare “il primo passo per la caduta” di Abiy Ahmed e “paradossalmente c’è la possibilità che salti anche il governo eritreo che ha investito molto nel conflitto” nella regione settentrionale dell’Etiopia. E’ quanto ha detto Uoldelul Chelati Dirar, professore di Storia e Istituzioni dell’Africa all’Università di Macerata, interpellato da InfoAfrica / Rivista Africa per un’analisi sugli ultimi sviluppi del conflitto in corso da otto mesi nel Tigray, con le truppe federali che due giorni fa si sono ritirate, in concomitanza con un cessate il fuoco unilaterale dichiarato da Addis Abeba, e le forze del Tplf che hanno ripreso il capoluogo Macallè e procedono nell’offensiva per riconquistare tutta la regione.

Uoldelul ricorda che alla fine di novembre il Tplf, a poche settimane dall’inizio del conflitto, aveva deciso di lasciare le principali città, per “non esporle ai combattimenti, ma con un progetto molto chiaro di resistenza a lungo termine”. “Probabilmente c’è stato un calcolo sbagliato da parte di Addis Abeba, che all’inizio sembrava aver avuto il sopravvento, convinta che le forze del Tplf fossero state costrette a una guerriglia circoscritta alle zone rurali, di montagna e nient’altro. Ed è stato anche sottovalutato il fatto che è un’organizzazione che ha ancora un forte radicamento popolare”, ha spiegato l’analista. “E quando questa guerra si è etnicizzata, con violenze atroci nei confronti dei civili, di fatto la popolazione si è compattata attorno al Tplf, dando un sostegno logistico fondamentale”.

Il docente precisa che “era una settimana che le forze del Tplf avevano circondato Macallè e dai dati che stanno emergendo e da informazioni arrivate da operatori umanitari, sembra che le forze federali siano come state colte di sorpresa e si siano ritirate in modo confuso”. Mentre “la dichiarazione unilaterale di cessate il fuoco sembra più un modo per cercare di riconquistare la comunità internazionale e l’opinione pubblica interna, presentandosi come il soggetto che vuole la pace”.

Alla domanda se l’Etiopia rischi di implodere, Uoldelul ha risposto: “No, non credo. Ad oggi le possibilità possono essere due: un irrigidimento per cui il governo inizia a bombardare le città tigrine, e allora sì, si rischierebbe davvero lo smembramento. Ma c’è anche la possibilità che il Tplf non solo si difenda, ma contrattacchi e arrivi a far cadere l’attuale governo e allora si rimescolerebbero tutte le carte. Perché c’è tutta la regione Oromo, che di fatto è in rivolta armata contro il governo da un anno, un anno e mezzo, ben prima della guerra nel Tigray, e se questi due gruppi facessero una convergenza tattica anti-Abiy, allora il premier sarebbe finito”.

Riguardo alla dichiarazione del Tplf, secondo cui sarebbe pronto a entrare in Eritrea e nella regione degli Ahmara, le cui truppe hanno sostenuto l’offensiva del governo, l’analista ha sottolineato come, sebbene “la dichiarazione sia roboante, il concetto è che se la loro sicurezza comporta questo, sono pronti a farlo”. Al momento è quindi chiaro che il Tplf “non è interessato alla fase negoziale, ora che sta vincendo”, ma si tratta anche di “dichiarazioni forti per imporsi come forza politica attiva, dopo essere stata dichiarata un’organizzazione terroristica”.

Non credo che il Tplf marcerà su Asmara – ha aggiunto – ma l’Eritrea ha investito molto in questa guerra”, e “paradossalmente c’è la possibilità che salti anche il governo eritreo, se non trova una via di uscita accettabile”. Perché “il grosso dello sforzo militare contro il Tplf l’ha retto l’esercito eritreo, non quello etiopico. E’ stato un tale investimento che si può dire che è stato l’esercito eritreo a portare alla sconfitta iniziale del Tplf e che tuttora regge il grosso dello sforzo bellico. L’esercito etiopico era più disorganizzato, meno efficace”.

Stando alle informazioni disponibili, ha precisato l’analista, “ad oggi l’esercito eritreo si è ritirato da alcune zone del Tigray e ha fatto una linea di rafforzamento di trincee grossissima lungo il confine, preparandosi proprio all’eventualità di essere attaccati”.

Ma per capire come evolverà la situazione, ancora “molto complessa e fluida, bisognerà attendere “i prossimi giorni”, ha concluso.

(Simona Salvi)

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