Sono trascorsi quarant’anni dall’Operazione Mosè, il grande ponte aereo che portò migliaia di ebrei etiopi in Israele. Durante l’operazione, 8.000 ebrei etiopi arrivarono in Israele dopo aver camminato per centinaia di chilometri, alcuni a piedi nudi e portando con sé poco più che le loro cose, verso il Sudan dove furono caricati su aerei da trasporto dell’esercito israeliano.
Secondo il ministero israeliano dell’Aliyà e dell’Integrazione, di coloro che hanno fatto l’aliya, 6.617 vivono ancora in Israele. La maggior parte allora erano bambini o giovani: il 34% aveva un’età compresa tra 0 e 10 anni, il 25% tra 11 e 20 anni e il 13% tra 21 e 30 anni. Solo il 4% (279 immigrati) aveva più di 71 anni al momento dell’arrivo.
I figli degli immigrati dell’Operazione Mosè hanno dato alla luce 7.645 bambini, i cui nomi più comuni sono Israel, Abraham, Moshe e Mazal. Tra le città in cui risiedono ci sono: 725 a Netanya, 535 a Petah Tikva, 532 a Ashkelon, 454 a Hadera, 364 a Be’er Sheva, 355 a Rehovot, 352 a Rishon Lezion, 319 ad Afula, 312 ad Ashdod, e 281 a Ramla.
Per celebrare l’operazione, migliaia di israeliani etiopi si riuniranno mercoledì sul Monte Herzl per celebrare il giorno della memoria ufficiale ricordando le circa 4.000 persone che morirono durante il viaggio verso i campi profughi sudanesi, sperando di raggiungere Israele. Il ministero dell’Aliyà e dell’Integrazione ha recentemente aggiunto i nomi di altre 30 vittime al memoriale sul Monte Herzl, dopo un’attenta verifica da parte di un comitato speciale.
Avichai Kahana, direttore generale del ministero dell’Aliyà e dell’Integrazione, ha dichiarato in un comunicato: “L’Operazione Mosè è un capitolo toccante nella storia del ritorno del popolo ebraico in patria. Gli immigrati etiopi sono arrivati con immenso coraggio e si sono integrati nella società israeliana. in un modo che suscita rispetto e ammirazione Oggi, gli immigrati etiopi sono leader in vari campi in Israele, e sono fiducioso che questa tendenza continuerà a crescere nei prossimi anni”.