di Massimo Zaurrini
Hanno tenuto uno “storico dialogo” sul processo di disarmo e sul ritiro delle forze armate eritree alleate del governo etiope, la folta delegazione di Addis Abeba presente da lunedì a Macallè (capitale del Tigray) e i vertici del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf), il partito politico e movimento armato che dal novembre 2020 al novembre 2022 ha combattuto contro Addis per la secessione della regione settentrionale etiopica del Tigray.
Lo ha riferito ieri la stampa locale e quella regionale, precisando che i dettagli di ciò che è stato discusso lunedì in merito al ritiro delle forze eritree non sono stati rivelati da nessuna delle parti, ma i leader del Tigray hanno affermato che le discussioni sono state “cordiali e storiche”.
“Sono state tenute discussioni fruttuose ed è stata raggiunta un’intesa importante”, ha detto Getachew Reda, consigliere del presidente del Tigray, che ha anche firmato l’accordo di pace con il governo etiope a nome del Fronte popolare di liberazione del Tigray (Tplf).
Il governo si è impegnato a riprendere completamente i servizi delle istituzioni e riparare le infrastrutture in tutte le aree della regione, e proprio per questo nella delegazione giunta ieri a Macallè erano presenti i vertici di diverse istituzioni del governo federale: Ethio Telecom, Ethiopian Airlines, Commercial Bank of Ethiopia, Ethiopian Electric Utility, Ethiopian Roads Authority, ministero dei Trasporti e della Logistica, ministero dell’Industria e altre istituzioni.
“Il gesto del governo di dare il via libera al tanto atteso ripristino dei servizi (banche, collegamenti aerei, servizi eccetera) è encomiabile. Il fatto che nessuno dei membri della delegazione governativa si sia preso la briga di assoldare guardie di protezione è una testimonianza della loro fiducia nell’impegno del Tigray per l’accordo di pace”, ha detto Getachew. “Continueremo a costruire sui progressi mentre affrontiamo le sfide future”, ha aggiunto Reda.
Una delegazione del governo etiope di alto livello guidata dal presidente del parlamento Tagesse Chaffo è arrivata ieri nella capitale del Tigray Mekelle, in quella che i leader del Tigray hanno definito una visita fondamentale nell’accordo di pace inteso a porre fine alla guerra di due anni nella nazione del Corno d’Africa. Questa è la prima volta che il governo del primo ministro Abiy Ahmed invia una delegazione di così alto livello nella regione devastata dalla guerra da quando è scoppiato il conflitto tra le forze del Tigray e le forze governative nel novembre 2020. Dopo l’arrivo a Macallè, la delegazione governativa e i leader tigrini hanno discusso una serie di questioni urgenti relative agli aiuti umanitari, ai servizi di base, al commercio e al ritiro delle forze eritree e amhara.
Di recente, i funzionari del Tigray hanno accusato il governo eritreo di tentare di ostacolare il processo di pace e hanno esortato il governo del primo ministro Abiy a rispettare i termini dell’accordo di pace per quanto riguarda il ritiro delle forze straniere e non federali.
Nonostante l’accordo di pace del mese scorso firmato in Sudafrica, la presenza delle forze eritree nel Tigray è stata un ostacolo al disarmo delle forze del Tigray. Durante il secondo incontro dei negoziati di pace tenutosi a Nairobi la scorsa settimana, le parti hanno concordato di istituire un gruppo di monitoraggio congiunto per verificare l’attuazione dell’accordo di pace firmato il 2 novembre in Sudafrica.
Il nuovo accordo è stato annunciato giovedì scorso dall’ex presidente keniota Uhuru Kenyatta, che fa anche parte del team di mediazione. “Hanno tutti concordato e accettato di dare pieno accesso al team di monitoraggio e verifica dell’Unione africana, così da avere uno sguardo completo a 360 gradi per garantire che tutti gli elementi degli accordi vengano effettivamente implementati”, ha detto Kenyatta durante una conferenza stampa a Nairobi.
L’ex-presidente keniano ha inoltre affermato che la sua squadra e i rappresentanti dell’Unione africana si recheranno nel capoluogo del Tigray prima della fine dell’anno per supervisionare i progressi dell’accordo di pace.