Urne aperte oggi in Tigray, nonostante il governo federale si sia opposto. Al voto prenderanno parte quattro milioni e 300.000 elettori tigrini, gruppo etnico che per oltre vent’anni, fino all’arrivo di Abiy Ahmed, ha rappresentato la classe dirigente del Paese attraverso il Tigray People’s Liberation Front (Tplf).
Le tensioni tra il Tplf e il premier Abiy Ahmed sono andate crescendo negli ultimi anni. Il primo ministro, salito al potere nel 2018 in alleanza con il Tplf, che ha guidato l’Etiopia in maniera autoritaria per decenni, ne ha gradualmente preso le distanze fino a fondare il Prosperity Party (Pp) nel dicembre 2019.
Il Tplf detiene però ancora il potere nello Stato del Tigray, sua base elettorale da decenni. Sul territorio il partito ha ancora una forte presa e, si teme, cercherà di guadagnarsi (con metodi leciti e illeciti) un’ampissima vittoria per dimostrare la sua forza al governo di Addis Abeba.
Il Tplf è stato al potere per 27 anni e attualmente molti dei dirigenti politici si sono autoisolati nella regione e si dice che una grande parte dei fondi raccolti in quei decenni potrebbe essere oggi in gioco per influenzare la politica nazionale etiope.
Alla richiesta di aspettare la fine dell’epidemia per le elezioni, gli ex dirigenti tigrini hanno ribattuto: «Qualsiasi tentativo del governo centrale di fermare o interrompere l’elezione del Tigray, equivarrà a una dichiarazione di guerra».