Un nuovo ciclo di violenze nell’Etiopia orientale ha causato la morte di una decina di persone di etnia somala. A denunciarlo il portale locale «Addis Standard». Il portale riporta due attacchi separati nella zona orientale dell’Hararghe della regione di Oromia, in particolare nelle aree di Babile, Chinaksen e Tulli Guled. Sette vittime provengono da un’unica famiglia. I somali accusano le milizie armate oromo delle uccisioni. Juweria Ali, un’attivista della regione somala, ha detto che l’esercito federale non è intervenuto per fermare gli attentati.
L’ultimo incidente porta alla ribalta la questione dell’insicurezza interna che continua a scuotere il governo federale. Attivisti e gruppi per i diritti umani hanno affermato che le riforme in corso rischiano di fallire se Addis Abeba non riesce a contenere la violenza etnica in tutto il paese. Da parte sua, il primo ministro Abiy Ahmed ha condannato gli attacchi facendo chiedendo alle forze di sicurezza di fare tutto il necessario per contenere le violenze.
A seguito di nuove violenze inter-comunitarie più di 900mila persone sono state costrette a fuggire. Dopo una prima missione esplorativa, Medici Senza Frontiere (Msf) ha lanciato un intervento d’emergenza per rispondere ai più importanti bisogni della popolazione sfollata.
«Con tante persone fuggite in così poco tempo, la priorità è fornire rifugi, beni di prima necessità, acqua, cure mediche e servizi igienici», dichiara Alessandra Saibene, coordinatrice per la risposta a questa emergenza di Msf. «La maggior parte delle persone è fuggita improvvisamente e senza niente al seguito. Oggi le famiglie dormono in edifici abbandonati, come scuole o chiese, e talvolta anche all’aperto sopra foglie di banano o teli di plastica».