È aperta da un mese, nel centro di Bologna, Ex Africa, la grande mostra di capolavori del continente che coprono un arco temporale di circa un millennio. Un evento più unico che raro per dimensioni e per qualità. L’esposizione rimarrà aperta fino all’8 settembre: un bilancio si farà a suo tempo, intanto abbiamo posto qualche domanda a chi ha lavorato dietro le quinte.
Giulia Fortunato è la Ceo di CMS.Cultura, una squadra di sei “ragazze” basata a Bologna, esperta nell’organizzazione di eventi culturali così come nella cura del branding di aziende. La mostra di Tiziano e quella di Lorenzo Lotto alle Scuderie del Quirinale, oppure il percorso Bergamo Sotterranea sono tra le iniziative nel portfolio di questa azienda. Ex Africa ha richiesto un impegno particolare e in tempi record (un solo anno di preparazione), e con l’imprevisto di un lutto: la scomparsa di Ezio Bassani, che con Gigi Pezzoli ne era il curatore, anzi l’anima.
«Non mi aspettavo numeri fantasmagorici, sapevo che questa era una strada in salita – ci dice Giulia Fortunato riferendosi ai biglietti finora staccati –, ma mi aspettavo che la colta Bologna rispondesse di più. È evidente che nei confronti dell’arte africana esiste, nel nostro Paese, un forte pregiudizio. Magari l’arte giapponese o messicana la vai a vedere, quella africana no. Il pubblico è restio perché quando pensa all’Africa si aspetta una mostra di… artigianato. Qui invece c’è grande arte, con pezzi che vengono da grandi musei d’Europa». In effetti, completa Fortunato, poi «chi entra rimane a bocca aperta. È tutta una sorpresa, è sopraffatto dallo stupore. I giudizi sul libro dei visitatori sono tutti positivi; soprattutto chi viene dall’estero (Nord Europa, Stati Uniti…) ci lascia grandi apprezzamenti».
Per CMS.Cultura, Ex Africa ha rappresentato un impegno totale, imprenditoriale (e con un rischio particolarmente elevato) come pure umano: «L’abbiamo sentito come un dovere morale». «Alle bolognesi avevamo sconsigliato questo progetto – ricorda oggi Gigi Pezzoli –: in Italia non è il momento politico idoneo per parlare di Africa». Un giorno, anche una figlia di Giulia Fortunato le dice: «Mamma, ma non verrà nessuno a vedere questa mostra». «Non è vero… Lo faccio anche per voi, perché siate cittadini del mondo, possiate confrontarvi con altre culture», replica la mamma, che si sente coinvolta non solo in quanto azienda ma come cittadina e madre. Ezio Bassani muore, Pezzoli è tentato di gettare la spugna, ma «queste donne coraggiose, per certi versi temerarie, decidono di andare avanti».
«Con lui – ricorda oggi Fortunato – avevamo fatto riunioni, incontri, confronti… In particolare teneva moltissimo alla sezione dedicata agli avori, e devo dire è che riuscita molto bene, come lui la desiderava. Teneva molto anche a una teca con i pesi per la polvere d’oro degli Akan: io ero restia e abbiamo battagliato (“C’è troppa roba…”, sostenevo). Invece abbiamo poi allestito la vetrina che si trova all’inizio del percorso perché Ezio la voleva e noi ci siamo sentiti con un debito culturale nei suoi confronti».
La “temerarietà” dell’iniziativa sta anche in questo: «Di tutte le mostre che abbiamo fatto, questa è l’unica – non ci era mai successo prima – a non avere neanche un finanziamento, uno sponsor… Né pubblico né privato. Abbiamo fatto una campagna di fund raising per un anno, dalle grandi aziende nazionali alle aziende del territorio, enti pubblici…». Zero. «Questo deve far riflettere – aggiunge Giulia Fortunato –: come dice Gigi Pezzoli, una grande mostra sull’arte africana significa dare un riconoscimento agli africani, quindi uscire dallo stereotipo del bisogno e delle difficoltà dell’Africa. Forse, invece, fa comodo mantenerla nell’ambito dell’elemosina. Esaltarne qualità, opportunità e ricchezze: questo è il racconto che invece va fatto».
Ma non sono mancate le sinergie positive, innanzitutto «la collaborazione con il ministero degli Esteri. Questa mostra è anche un follow-up della 2ª Conferenza ministeriale Italia-Africa, tenutasi alla Farnesina il 25 ottobre. I prestiti della Nigeria sono frutto di un lavoro svolto con l’aiuto della rete diplomatica e del ministero, che continua ancora oggi a esserci vicino». Si tratta, in particolare, delle meravigliose teste di Ife, l’antica capitale yoruba (XV sec. o precedente).
Poi, naturalmente, la rete di specialisti, collezionisti e musei che, in molti casi proprio per rendere omaggio a Bassani, hanno dato grande disponibilità. Quindi le collaborazioni specifiche di diverso tipo, come la Brussels Airlines, “vettore ufficiale”, o anche la nostra rivista, media partner. E, non meno importante, «il catalogo più bello che abbiamo mai avuto. Sia per i contributi scientifici, come quello di Malcolm McLeod, grande amico di Ezio Bassani, e di François Neyt, un padre benedettino grande conoscitore del Congo, sia per l’impegno dell’editore Skira».
Torneremo con altri approfondimenti su questa mostra; ricordiamo, ad ogni buon conto, che quella bolognese è l’unica occasione per vederla: non sarà replicata in altre città italiane.
(Pier Maria Mazzola)
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