Il ministro degli Esteri del Ruanda, Olivier Nduhungirehe, è intervenuto nei media internazionali e ruandesi per spiegare il motivo dell’assenza del presidente Paul Kagame al vertice tripartito di Luanda di domenica scorsa, per la pacificazione nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Secondo il capo della diplomazia, l’Rdc ha fatto un voltafaccia quando ha rifiutato il dialogo con i ribelli dell’M23, che aveva in precedenza accettato nel quadro del processo di Nairobi (tra il governo congolese e i gruppi ribelli, Ndr), il 30 novembre scorso.
Ieri sera su France24, Olivier Nduhungirehe ha precisato che non si tratta nemmeno del rifiuto di un dialogo “diretto”, ma di un “dialogo” ‘tout court’ tra Kinshasa e l’M23, condizione richiesta da Kigali per firmare un accordo di pace. “Abbiamo trascorso nove ore a discutere sulla parola dialogo”, ha insistito Nduhungirehe, riferendosi alla riunione ministeriale precedente all’incontro dei capi di Stato di Luanda, il 14 dicembre. “La parte ruandese è stata flessibile, abbiamo accettato di rimuovere la parola ‘diretto’ e che si parli solo di dialogo tra il governo congolese e le M23, ma la Rdc ha rifiutato”.
La questione dei ribelli dell’M23, sempre assimilati al Rwanda, costituisce secondo il ministro degli Esteri una minaccia alla sicurezza del Ruanda, ed è per questo che è necessario includere il dialogo diretto nel processo tra Kigali e Kinshasa. “È vero che l’M23 è un movimento congolese, tuttavia, la questione M23 è una minaccia alla sicurezza del Rwanda, perché la Rdc ha costruito un’ampia coalizione militare, che include genocidari delle Fdlr, miliziani wazalendo, militari burundesi e addirittura i mercenari europei, alcuni dalla Francia, altri dalla Romania, per attaccarsi all’M23, e per estensione, al Rwanda, poiché l’M23 è sempre assimilato al Rwanda. Si tratta di una questione securitaria per il Ruanda”, ha affermato.
Il ministro degli Esteri dell’Angola, Tete Antonio, è atteso oggi a Kigali. L’Angola è mediatrice nel processo di pace tra Rdc e Ruanda.