Fatou, la voce del coraggio

di claudia
fatoumata diwara

di Claudio Agostoni – foto di Marco Garofalo

Ritratto di Fatoumata Diawara, l’artista maliana che canta e interpreta la forza di ribellarsi. Attrice, ballerina, musicista, cantautrice. Fatoumata Diawara, originaria della Costa d’Avorio, cresciuta in Mali, è un’artista versatile che ha fatto dell’impegno civile e della lotta per l’emancipazione delle donne una scelta professionale e di vita

Il pianeta Fatoumata Diawara, Fatou per i suoi fan, è un mondo rigoglioso ed eterogeneo. Non a caso parliamo di un’artista che per gli africani dell’area saheliana (e non solo) è una star assoluta. Per comprenderne le numerose sfaccettature basta chiederle la carta d’identità e scoprire che, a differenza della nostra, alla voce professione non c’è una sola attività, bensì “attrice, ballerina, musicista, cantautrice”. Una versatilità coltivata precocemente sin da bambina, quando il padre la iniziò alla danza (la sua specialità era la danza didadi, tipica del Wassaulou, il paese dei suoi antenati nel Mali occidentale). Quarantenne, oggi è considerata una delle principali artiste maliane contemporanee, anche se guardando lo stesso documento si scopre che è nata ad Abidjan (una di 11 figli di genitori maliani). In Costa d’Avorio rimase sino ai dodici anni, quando, essendosi rifiutata di andare a scuola, i genitori decisero di mandarla – è una tradizione africana – a vivere con una delle sue zie a Bamako, in Mali.

Fatoumata Diawara, 40 anni. Nata in Costa d’Avorio, cresciuta in Mali, la cantautrice vive tra Parigi, Bamako e il Lago di Como (il marito è italiano) – «anche se la maggior parte del tempo la trascorro in aereo per lavoro»

Enfant prodige

La zia era un’attrice e la quattordicenne Fatoumata, che faceva da baby-sitter ai nipotini, la seguì anche sui set dove lavorava. La sua presenza non passò inosservata e il regista Adama Drabo la ingaggiò per una particina in Taafé Fanga, un film che racconta la rivolta delle donne in un villaggio dogon. Tre anni dopo, il regista e politico (è stato ministro della Cultura del governo di Ahmed Mohamed Ag Hamani nei primi anni Duemila) Cheick Oumar Sissoko la scritturò come protagonista per La Genèse, un lavoro che, utilizzando solo attori africani, racconta dal capitolo 23 al 37 del Libro della Genesi. Accanto a lei lavorò l’attore Sotigui Kouyaté, che è poi rimasto un punto di riferimento nella sua carriera.

Era il 1999 e Fatou aveva 17 anni. E fu proprio Kouyaté, l’anno dopo, a portarla a Parigi per farla recitare nell’Antigone di Sofocle che lui dirigeva. Tornata in Mali nel 2002, dopo un tour teatrale in Francia, lavorò come protagonista al film che la consacrerà come attrice: Sia, le rêve du python di Dani Kouyaté. La pellicola racconta la leggenda di Sia, una giovane vergine che cerca di liberarsi dall’essere stata offerta in sacrificio al dio Pitone, in cambio di un dono in oro per i suoi familiari equivalente al suo peso. Dopo questo film, per molti maliani, guineani, senegalesi e burkinabè, Fatou divenne per sempre Sia. Un’identificazione tra un personaggio di fiction e una persona in carne e ossa che Fatoumata avvalorò con drastiche scelte personali.

Fuga per la libertà

Contrariata dalla volontà dei genitori che spingevano perché si sposasse, in diretta televisiva annunciò che solo lei poteva decidere della sua vita e che, per farlo, era disposta a rinunciare alla carriera di attrice. In Mali una donna single non ha più diritti di una minorenne, e quando nel 2002 il direttore della compagnia Royal de Luxe andò a Bamako per offrirle un ruolo nel nuovo spettacolo, il permesso di partire le venne rifiutato dalla famiglia. Fatou si comportò come un personaggio dei suoi film: decise di scappare, riuscendo a salire a bordo di un aereo, evitando per un pelo la polizia che venne lanciata dietro di lei dalla famiglia per evitare quello che aveva denunciato essere un “rapimento”.

Per sei anni andò in tournée con la compagnia Royal de Luxe, esibendosi ai quattro angoli del mondo e plasmando il suo senso artistico attraverso le diverse culture incontrate lungo il cammino. «La mia vera fortuna», ha confessato recentemente, «è stata cominciare a viaggiare per il mondo a 19 anni, grazie al teatro». Girando il mondo scoprì cose che per lei avevano dell’incredibile. «Ricordo di essermi stupita la prima volta che, da ragazza, negli Stati Uniti, vidi un’artista cantare e, contemporaneamente, suonare la chitarra. In Mali, se sei donna, o suoni o canti». Una scoperta che per un tipo come lei avrebbe potuto portare solo a una scelta: avrebbe cantato e suonato contemporaneamente.

«Molto da dire»

Durante il tour con la Royal de Luxe il regista iniziò a farla cantare durante lo spettacolo. E lei, nei momenti liberi, iniziò a prendere confidenza con la chitarra a sei corde. «Sono autodidatta. Nessuno mi ha insegnato a suonare la chitarra e mi sono dotata di uno stile molto fluido. Sono molto affezionata a chitarristi come Eric Clapton, Buddy Guy e Muddy Waters, ma ho uno stile mio personale». Incoraggiata dall’accoglienza del pubblico, tra un tour e l’altro iniziò a esibirsi nei club parigini. «Mi ritrovavo costantemente paragonata ad altre musiciste. In molti mi dicevano cosa fare e come suonare. Una volta mi dissero che dovevo cercare di essere una sorta di Tracy Chapman africana, forse per via della mia voce profonda. Risposi loro che lei è unica, non possono esserci due Tracy Chapman in questo mondo. Io volevo solo essere me stessa. Ero convinta che forse ci sarebbe voluto del tempo, ma alla fine, rimanendo concentrato su chi sei, ce la puoi fare».

Fu durante la frequentazione di quei club che incontrò il musicista e produttore maliano Cheikh Tidiane Seck, che la riportò in Mali per cantare nei cori degli album che stava producendo per Oumou Sangaré (Seya) e Dee Dee Bridgewater (Red Earth). La sua carriera musicale iniziò a prendere il volo, anche grazie al successo europeo che ebbe interpretando il ruolo di Karaba nel musical Kirikou et Karaba. Una carriera che ad oggi l’ha vista produrre due album: Fatou nel 2011 e Fenfo nel 2018, più un live (At home – Live in Marciac, 2015) che documenta un suo concerto con il pianista cubano Roberto Fonseca. Fenfo in bambara significa “molto da dire”. E di cose, nelle sue canzoni, ne dice molte.

Una favola crudele

Frequenti le riflessioni sulla drammatica situazione socio-politica del suo Mali. Nel gennaio 2013, per esempio, riunì una quarantina di famosi musicisti del suo Paese per registrare il brano Mali Ko. Tra questi, Amadou & Mariam, Oumou Sangaré, Bassekou Kouyaté, Vieux Farka Touré, Toumani Diabaté, Khaira Arby, Kasse Mady Diabaté, Tiken Jah Fakoly, Habib Koité… Un impegno che mantiene anche quando torna sui set cinematografici. Basti pensare al suo coinvolgimento in Timbuktu, la pellicola di Abderrahmane Sissako in cui si racconta di come cambi la vita di un pastore con l’arrivo nel suo villaggio tra le dune del deserto di elementi armati jihādisti che impongono la sharia e mettono al bando la musica, il calcio e le sigarette (Fatou interpreta una giovane chitarrista lapidata dai jihadisti).

Da una parte, frequenti collaborazioni con musicisti occidentali, da Damon Albarn a Sir Paul McCartney, da David Crosby a Snarky Puppy, dall’altra, la testa rivolta verso l’Africa. Lo testimoniano canzoni come Clandestin, Djonya (Schiavitù), Korokoro (sull’orgoglio di essere africani) e Nterini (sui patimenti causati dall’emigrazione). Un brano, quest’ultimo, citato dall’ex presidente statunitense Barack Obama nella sua playlist preferita del 2018. C’è una favola dei Bambara del Mali che descrive perfettamente la situazione attuale del Paese e dell’intero mondo. Si chiama Donni dongama (La piccola danza indanzabile). È una favola crudele, che a un certo punto dice: «Se il ballerino fa un passo indietro, muore suo padre. Se ne fa uno avanti, muore sua madre. Se non balla, muore». Forse per capire come stanno le cose e cercare di uscire da questa tragica impasse, bisognerebbe ascoltare seriamente donne coraggiose come Fatoumata Diawara.

Questo articolo è uscito sul numero 5/2022 della rivista Africa. Per acquistare una copia, clicca qui, o visita l’e-shop.

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