C’è chi dice no al doping e alla corruzione nello sport. Ieri, sessanta atleti keniani sono scesi in strada per protestare contro l’uso di sostanze proibite e contro le mazzette. Davanti alla sede della Federazione di atletica a Nairobi hanno chiesto a gran voce il licenziamento dei funzionari accusati di corruzione, nonché un esame approfondito su alcuni casi di doping.
«La corruzione è una realtà in questa federazione. E i funzionari non hanno preso sul serio il problema del doping – ha detto ai giornalisti Giulio Ndegwa, il segretario dell’Associazione atleti professionisti del Kenya -. Chiediamo l’immediato licenziamento dei funzionari».
Il caso è stato sollevato da un’inchiesta dal «Sunday Times». Secondo il quotidiano britannico, il vicepresidente della Federazione, David Okeyo, insieme al Presidente, Isaia Kiplagat, e all’ex tesoriere, Joseph Kinyuasi, si sarebbero appropriati di 700mila dollari (650mila euro) derivanti da un contratto che la stessa Federazione ha siglato con la azienda di articoli sportivi Nike. I tre funzionari sono stati convocati e ascoltati dalla polizia, ma hanno negato le accuse. Anche la commissione etica della Iaaf, la Federazione internazionale di atletica, ha avviato un’inchiesta su questo caso.
Oltre alla corruzione, la Federazione keniana di atletica è interessata da scandali legati al doping. Dal 2012, una trentina di atleti keniani sono stati infatti sospesi e cinque sono stati radiati dopo essere risultati positivi a sostanze dopanti. Questi casi si inseriscono in un contesto internazionale che, recentemente ha visto incriminati per corruzione e aver coperto casi di doping Lamine Diack, senegalese, ex presidente della Federazione internazionale, e la Federazione russa.