In Africa, sul fronte dell’omosessualità qualcosa si sta muovendo. Il Fespaco, il più importante festival cinematografico dell’Africa, ha assegnato il premio come migliore attrice alla keniana Samantha Mugatsia per la sua interpretazione di un personaggio lesbo nel film «Rafiki». La pellicola è vietata in Kenya. Il Kenya film classification board (KFCB) ha infatti bandito il film l’anno scorso perché «promuoverebbe il lesbismo».
L’Africa ha un rapporto difficile con l’omosessualità sia maschile sia femminile. In Paesi come il Sudan, la Mauritania il nord della Nigeria e l’Eritrea, i gay e le lesbiche sono condannati a morte. In altri, come l’Uganda e la Tanzania, la pena è l’ergastolo. Ma, fatta eccesione per il Sudafrica, in tutti gli altri Stati si rischiano pene che variano da due anni ai 20 anni di lavori forzati. In Kenya, sulla base di una legge ereditata dal’era coloniale britannica, l’omosessualità è punita con una pena massima di 14 anni di prigione anche se l’Alta corte si esprimerà se mantenere o meno la pena entro maggio.
«Rafiki», che significa «amico» in swahili, traccia una storia d’amore di formazione tra due giovani donne che si incontrano e si innamorano. La loro storia d’amore si svolge in uno scenario di omofobia, nonostante le famiglie siano politicamente di partiti opposti. Il film è basato su Jambula Tree, un racconto premiato dalla scrittrice ugandese Monica Arac de Nyeko.
In seguito alla vittoria, l’attrice protagonista ha twittato: «Il più vecchio festival cinematografico africano ha riconosciuto un personaggio strano… Così orgoglioso! Il messaggio non può essere messo a tacere!».
Il premio potrebbe essere un primo passo verso un cambiamento culturale. Anche se il percorso è molto lungo. L’omofobia in larghi strati della popolazione africana è considerata come un qualcosa di importato dal colonialismo ed estranea al continente sebbene sia profondamente radicata nella società. Film come quello premiato dal Fespaco sono un piccolo contributo al cambiamento.