Freetown, le ceneri (e la lezione) dello slum

di Marco Trovato

Questo è ciò che rimane di Susan bay, slum di Freetown, capitale della Sierra Leone, dopo il terribile incendio di pochi giorni fa: cumuli di cenere fra cui si aggirano circa seimila persone che hanno perso ogni cosa. Una tragedia che colpisce una comunità fragile ma straordinaria: nonostante le dimensioni del disastro non si contano vittime.

In questi giorni si parla molto della necessità di spostare il quartiere in luoghi più sicuri e con case migliori, io credo però che per prima cosa dovremmo studiare con molta ma molta attenzione, cosa è successo a Susan bay.

Perché un rogo in un labirinto di vicoli di lamiera larghi poche decine di centimetri in cui i mezzi di soccorso non sono arrivati e in cui vivono ammassate seimila persone, di cui moltissimi bambini, anziani, disabili non si è tramutato in una strage?

Io credo che le comunità che funzionano si vedano da queste cose più che dalla qualità delle case, dal reddito pro-capite o da bei giardinetti curati. In tanti prima di scappare hanno raccolto tutti i bambini che trovavano in giro, sorpresi dal fumo mentre giocavano in strada, li hanno buttati sulle barche in riva al mare e portati al largo, al sicuro. Altri sono entrati nelle case già lambite dalle fiamme per caricare qualche anziano e trascinarlo su per le ripide scale che portano in città. Nessuna vittima. Questa gente, queste comunità hanno tanto da insegnarci. Lunga vita a Susan bay!

(Federico Monica)

Foto: Saidu Bah / Afp

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