« …e sarai tu a portarla.»
«Io? Ma perché io?»
«Perché sei tu che l’hai trovata, il destino ha scelto te. E la decisione dell’Hogon è indiscutibile.»
Si può guardare al fenomeno migratorio scegliendo un approccio diverso, fuori dai luoghi comuni? Si può raccontare, nello stesso albo, la connessione che esiste tra una preziosa statuetta uscita da un tempo antico e l’odissea di un migrante, marchio del nostro tempo? È quello che fa Christian Lax nel nuovo albo, edito da Futuropolis, Une maternité rouge.
Alou è un giovane raccoglitore di miele maliano che si imbatte, per malasorte, in un gruppo di jihadisti che sempre più tiranneggiano in vaste aree del paese. Gli uomini armati fanno saltare in aria un sacro baobab in cui Alou aveva scovato una riserva di miele ma, dall’esplosione, ne esce miracolosamente intatta una splendida statuetta rossa raffigurante una maternità. Il giovane Alou si reca quindi dall’Hogon, il vecchio saggio del villaggio, con la preziosa scoperta tra le mani. L’Hogon, uomo di un altro tempo, ci conduce attraverso una lunga sequenza ricca di flashback nei suoi ricordi di giovane studente d’arte a Parigi e affida una missione ad Alou. In questo tempo di barbarie dominato dalla distruzione, questa preziosissima statuetta creata dal maestro di Tintam deve giungere al museo del Louvre a Parigi. Secondo l’Hogon, infatti, solamente lì potrà trovare un riparo sicuro accanto all’unica statua originale conosciuta dello stesso stile.
Alou parte. Parte, in realtà, per portare a compimento una missione più grande di lui. La conservazione della statua è anche metafora della conservazione di una cultura che, soprattutto negli ultimi anni, è sempre più assediata dalle frange di jihadismo radicale che imperversano per il Sahel. Dalla verticalità dei villaggi Dogon, dall’essenzialità della sua terra, seguiamo Alou nel suo periplo per raggiungere l’Europa divenuto una tragica costante per migliaia di africani in fuga. La traversata del deserto, l’inferno della Libia in mano a uomini senza scrupoli, il mare mediterraneo un tempo ponte tra popoli ed oggi sempre più cimitero di disperati, la risalita per l’Italia fino a raggiungere un penoso campo di profughi alla periferia di Parigi. Infine, tappa finale e singolare, la celebre piramide di vetro che funge da atrio al museo del Louvre.
Dal punto di vista grafico domina l’opera una miscela di tinte bianche, nere e grigie che danno a vita a giochi di ombre come a riflettere il filo melancolico che attraversa l’intera storia. L’eleganza e la naturalezza dei tratti di matita ci regala paesaggi silenziosi ed espressivi, volti che sembrano maschere per questa storia che attraversa tempi e continenti, da leggere d’un fiato.
Une maternité rouge, di Christian Lax
Edizioni Futuropolis, 2020, lingua francese, pp. 144, €22