Il governo gambiano ha ordinato la sospensione dal lavoro di coloro che sono stati accusati di reati durante il regime dell’ex presidente Yahya Jammeh. La sospensione dei funzionari entrerà in vigore tra pochi giorni. Lo riferisce Radio France Internationale ricordando che le vittime attendono da mesi che il governo dia seguito alle raccomandazioni della Commissione per la verità e la riconciliazione che ha indagato sui crimini commessi dai funzionari di Jammeh e dall’ex presidente stesso.
Secondo le medesime fonti, non c’è una lista ufficiale, ma tra i sospesi ci sono diversi membri dell’esercito, della polizia e il direttore delle operazioni della Drug Enforcement Agency. Per l’avvocato e attivista Reed Brody la decisione rappresenta un “primo passo tangibile” da parte del governo per ottenere giustizia per le 250 persone morte per mano dello Stato e dei suoi agenti.
Un buon passo in avanti, ma che lascia irrisolto il destino di Yahya Jammeh. L’ex dittatore è ancora in esilio in Guinea Equatoriale. E nonostante la promessa delle autorità di farlo processare durante la visita di Stato di Adama Barrow a Malabo, il mese scorso, non si è parlato della sua estradizione. Gli attivisti gambiani accusano il presidente della Guinea Equatoriale di proteggere l’ex autocrate. Per fare pressione su Malabo, Reed Brody sta esortando il Gambia a istituire un tribunale speciale per processare l’ex presidente e a chiedere il sostegno dei Paesi vicini come il Ghana, anch’esso vittima delle atrocità di Jammeh.
Un passo che segue altre mosse ritenute da alcuni osservatori “promettenti”. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha infatti dichiarato a fine maggio di aver ottenuto la confisca di una villa acquistata dall’ex presidente del Gambia Yahya Jammeh per 3,5 milioni di dollari con i presunti proventi della corruzione. La proprietà a Potomac, nel Maryland, sarebbe stata acquistata attraverso un trust creato dalla moglie, Zineb Jammeh.
La proprietà è stata confiscata dagli Stati Uniti insieme a tutti i redditi da locazione generati da quando è stata presentata una denuncia nel 2020, si leggeva in un comunicato emesso dal dipartimento.
“Gli Stati Uniti intendono vendere la proprietà e raccomandare al Procuratore generale che i proventi netti della vendita siano utilizzati a beneficio della popolazione del Gambia danneggiata dagli atti di corruzione e abuso d’ufficio dell’ex presidente Jammeh”, veniva precisato nella nota.
L’ex presidente è accusato di aver cospirato con la sua famiglia e i suoi collaboratori utilizzando società di comodo e trust all’estero per riciclare i suoi presunti proventi di corruzione in tutto il mondo. L’ex leader è anche stato accusato di gravi violazioni dei diritti umani, tra cui uccisioni, sparizioni e incarcerazioni, che hanno preso di mira oppositori, giornalisti e omosessuali. Sempre a maggio il governo di Banjul si è detto pronto a processare Jammeh e i principali funzionari del suo regime in Gambia.
Yahya Jammeh è salito al potere con un colpo di Stato nel 1994 ed è stato rieletto senza interruzioni fino a quando è stato sconfitto nel dicembre 2016 da Adama Barrow, il candidato di una coalizione di opposizione. Dopo sei settimane di crisi crescente causata dal suo rifiuto di cedere il potere, è stato finalmente costretto a lasciare il Paese per la Guinea Equatoriale a seguito di un intervento militare dell’Ecowas e una mediazione finale guineano-mauritana.