Gerd: Sudan in cerca di mediatori, Usa accolgono la richiesta

di Valentina Milani
diga nilo azzurro

Gli Stati Uniti sostengono gli sforzi per sbloccare la situazione di stallo nei colloqui sulla Grande diga del rinascimento etiope (Gerd). Lo ha affermato Ned Price, il portavoce del Dipartimento di Stato Usa, in una conferenza stampa che si è tenuta ieri.

Il premier del Sudan Abdallah Hamdok ha chiesto agli Stati Uniti, alle Nazioni Unite, all’Unione europea e all’Unione africana di mediare i colloqui sul riempimento e sul funzionamento dello sbarramento sul Nilo Azzurro. Secondo quanto riporta l’agenzia Suna, nella lettera, inviata il 13 marzo, il premier ha suggerito di cambiare il metodo utilizzato nei negoziati, che in passato ha portato al mancato raggiungimento di un accordo tra le tre parti, nonché di stabilire un approccio basato sulla presenza dei principali partner internazionali attraverso il meccanismo del quartetto per beneficiare dell’esperienza della precedente sessione di negoziazione. La lettera del primo ministro ha sottolineato che il quartetto mira a rafforzare il ruolo dell’Unione africana nel processo di negoziazione e che non è un’alternativa ad esso, e che la Repubblica democratica del Congo, che attualmente presiede l’Ua, continuerà a coordinare e guidare questo Quartetto.

Interrogato dai giornalisti sulla posizione di Washington da questa richiesta, che è sostenuta dal governo egiziano, il portavoce del Dipartimento di Stato ha espresso il proprio sostegno agli sforzi costruttivi per porre fine al disaccordo sulla gigantesca diga idroelettrica. “Continuiamo a sostenere gli sforzi collaborativi e costruttivi per risolvere la disputa sulla Gerd – ha detto -. Comprendiamo che la diga è una questione importante per le parti e incoraggiamo la ripresa di un dialogo produttivo”.

L’amministrazione Trump, insieme alla Banca mondiale, aveva cercato di mediare un accordo tra le tre parti, ma l’Etiopia aveva abbandonato i colloqui accusando Washington di essere troppo vicina al governo egiziano. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea partecipano già ai colloqui in qualità di osservatori con l’Unione Africana. L’inclusione delle Nazioni Unite è la logica conseguenza  del ricorso dell’Egitto al Consiglio di sicurezza sostenendo che la diga minaccia la pace e la sicurezza internazionali e regionali.

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