Ghana, gli stipendi di first e second ladies diventano un casus belli

di Stefania Ragusa

Essere la moglie del presidente di un Paese o di un vicepresidente costituisce uno status meritevole di uno stipendio e successivamente di una pensione? È su questa domanda che da giorni si arrovella il Ghana.

Il Parlamento ghanese ha votato un provvedimento che ha dato adito a forti polemiche e che riguarda appunto gli emolumenti delle due signore più influenti del Paese. Presentato dal governo, sulla base delle “raccomandazioni” di una commissione guidata dal professor Yaa Ntiamoa-Baidu, istituita a giugno 2019 per volontà del presidente Nana Akufo-Addo per dare indicazioni sul trattamento da riservare a figure istituzionali e funzionari di alto livello, il provvedimento prevede che first e second lady vengano pagate – esattamente come ministri e deputati – per l’impegno profuso nelle loro attività benefiche e di rappresentanza. Secondo il ministro dell’Informazione, Kojo Oppong Nkrumah, in questo non ci sarebbe nulla di sbagliato ma soprattutto alcunché di nuovo: il pagamento di dette indennità per le mogli presidenziali era già stato istituito sotto l’amministrazione Kufuor, diventando una pratica “normale”. La “novità” introdotta dall’attuale governo è stata la formalizzazione della prassi.

Non la pensano così tuttavia buona parte dell’opinione pubblica, l’opposizione e le organizzazioni sindacali. Il Trades Union Congress (Tuc), che riunisce le diverse organizzazioni sindacali del Paese, ha preso posizione, per esempio, domenica scorsa sottolineando come la Costituzione non assegni alcun ruolo specifico ai/alle consorti presidenziali e vicepresidenziali, quindi questi/e “non sono qualificati per ricevere stipendi dalle casse pubbliche”. Anche se i ghanesi apprezzano gli sforzi di Rebecca Akufo-Addo (a sinistra nella foto di apertura) e Samira Bawumia (a destra nella stessa foto), rispettivamente first e second lady della nazione, per migliorare le condizioni del Paese e in particolare quella delle donne, qualsiasi pagamento pubblico a loro beneficio è “semplicemente non giusto”.

Colpita dalle accuse, Rebecca Akufo-Addo, ha annunciato il giorno dopo di non volere accettare più l’emolumento e di essere pronta a rimborsare quanto percepito dal 2017, ossia da quando suo marito è diventato per la prima volta presidente. Ha detto che la sua rappresenta una decisione puramente personale, “senza pregiudizio per i diritti degli altri”, presa in accordo con il presidente e che non mette in discussione l’operato del Parlamento. Ha specificato che la somma percepita sino ad ora è pari a 899.097,84 cedi ghanesi, che corrispondono a circa 151mila dollari. Ha specificato quindi di non aver chiesto lei di essere pagata ma di aver “ricevuto solo ciò che esisteva e era legato al suo status, anche se in modo informale” e che era stato corrisposto anche precedentemente alle first e alle second lady come prassi consolidata per il loro impegno per cause sociali e a fianco dei soggetti più vulnerabili. Ha detto infine di aver deciso di rimborsare i soldi di fronte al “giudizio estremamente negativo, espresso in alcuni casi nei suoi confronti, che aveva trovato sgradevole, e al tentativo di ritrarla come una donna venale e egocentrica che non si preoccupa del bene comune ghanese e della difficile situazione del Paese”.

Poche ore dopo Samira Bawumia ha fatto la stessa identica cosa, affidandosi a un comunicato stampa del suo assistente senior per la comunicazione, Kwame Twum. Meno spiegazioni ma gli stessi concetti e una somma più bassa da restituire perché lo stipendio della moglie del vicepresidente è stato meno pesante.

Il gran rifiuto delle prime signore del Ghana ha chiuso la faccenda chiusa? Si direbbe di no. Il deputato di South Dayi, Rockson Dafeamakpor, tra i primi a sollevare il caso rivolgendosi anche alla Corte Costituzionale, ha dichiarato di non voler recedere di un millimetro nella sua battaglia. Parlando a The Point of View su Citi TV, Dafeamakpor ha affermato che la sua principale preoccupazione rimane il tentativo operato dalla commissione Ntiamoa-Baidu di parificare le figure dei coniugi presidenziali e vicepresidenziali a quelle dotate di incarichi su base costituzionale. Ossia la mossa politica che ha preceduto la formalizzazione degli stipendi.
Nella sua causa, appoggiata anche da un altro collega parlamentare, Clement Apaak di Bulisa South, Dafeamakpor sostiene che le raccomandazioni sugli emolumenti del coniuge violano l’articolo 71 della Costituzione del 1992. “Che le mogli del presidente e del vicepresidente rifiutino gli emolumenti non è il nodo della questione”. Il nodo è che tra le figure di cui si occupa l’articolo 71 della Costituzione siano state inserite proditoriamente figure che non hanno titolo a questo posizionamento, ha affermato Dafeamakpor. Il nodo è questo pasticcio creato intorno all’articolo 71. Secondo la Costituzione, gli “uffici” dell’articolo 71 includono il presidente, il vicepresidente, il presidente del parlamento, il presidente della Corte suprema e i giudici della Corte suprema, i membri del Parlamento, i ministri di Stato, i rappresentanti politici e i dipendenti pubblici con stipendi a carico del Fondo Unico e non possono riguardare altre persone.

Per la cronaca, anche l’ex presidente John Dramani Mahama ha contestato questi sviluppi affermando che si tratta di un tentativo di intrufolare la First e la Second Lady nel gruppo dei funzionari dell’articolo 71. La polemica continua, insomma. E si attendono sviluppi.

(Stefania Ragusa)

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